giovedì 31 luglio 2008

Da amazzone a centaura - 1 agosto 2008

Carissimi
innanzitutto mi scuso con tutti coloro a cui devo una risposta in privato, ma è incredibile come riesco a "consumare" le giornate.
Un breve aggiornamento del "bollettino dal fronte", alla luce degli ultimi sviluppi.
Sto abbastanza bene e sarò a Lignano fino a lunedì prossimo (4 agosto), in quanto martedì devo fare la prima chemio, mentre mercoledì avrò la "puntatura" per la radioterapia. Ma mercoledì pomeriggio sarò nuovamente a Lignano per proseguire la fisioterapia.
Questo il calendario dei miei prossimi mesi.
1) Quattro sedute di chemioterapia a distanza di tre settimane l'una dall'altra. Non posso fare nessun altro trattamento, perché c'è incompatibilità con quelli che seguono, quindi mi passerò molto tranquillamente il resto dell'estate qui al mare, salvo i rientri per le sedute di chemio. Mi sembra una pacchia insperata ;-)
2) Finita la chemio, farò la radioterapia (25 sedute giornaliere all'ospedale di Padova).
3) Conclusa la radio, comincerà la cura farmacologica con quel farmaco (Herceptin) che dovrebbe dare una sonora spazzolata alle metastasi.

DA AMAZZONE A CENTAURA

Martedì avevo appuntamento con la radiologa. Poiché da ottobre circa diventerà un tragitto quotidiano, ho pensato che tanto valeva mi "iniziassi" alla moto... guidata da mio figlio Michele, che ha buttato alle ortiche la sua patente auto. In realtà io mi sono sempre rifiutata di "sapere" che mio figlio ha quel motorone, figurarci a salire! Ma il fratello Filippo "automunito" era altrove, mi seccava ingrassare i taxisti padovani con quasi 25 euro per 6-7 chilometri fra andata e ritorno. Che sia chiaro: posso guidare, ma spalla e braccio non sono ancora così agibili per parcheggiare la mia Mini senza servo-sterzo nell'autosilos circolare vicino all'ospedale o in analoghe situazioni che richiedono muscoli. Però in mattinata ero comunque andata all'ambulatorio di analisi mediche perché - mi hanno telefonato - si erano dimenticati di consegnarmi parte dei referti, ma l'oncologo che mi aveva visto il giorno prima per fortuna (?) non se n'era accorto. E poi ho visto che anche questi risultati mancanti erano ampiamente nella norma, quindi no problem, no?
Insomma la giornata era cominciata già con questo "inconveniente" che comunque mi pareva una bazzeccola in confronto al "motorone". Ma vuoi mettere la fifa in confronto al dare una gratificazione al figlio fiero di poter fare la propria parte nell'accudimento della vecchia madre malata?
Appuntamento con la radiologa alle 11, ma prima delle 10 ero già tornata a casa. Mi metto a raccogliere le varie cose da portare alla dottoressa e, con raccapriccio, mi accorgo che manca l'impegnativa per questa visita specialistica. Il mio chirurgo (singolare personaggio di cui una volta o l'altra vi parlerò) mi aveva fissato l'appuntamento e preparata la documentazione... possibile che avesse dimenticato l'impegnativa?????????? Scavo ovunque per la casa, pensando che sia la mia testa a non funzionare, ma alle 10.30 mi arrendo. Devo trovare un rimedio e rivolgo un pensiero affettuoso ad Esculapio (non mi viene in mente nessun santo per la medicina) affinché il mio medico sia reperibile. BINGO! C'è! Ed è pure nel suo studio (poco più di un chilometro da casa mia). Ma dov'è mio figlio Michele? Aveva promesso di mettersi la sveglia... Lo sveglio e, blandamente, lo invito a sbrigarsi, perché non è mai di gran umore quando si affaccia ad un nuovo giorno.
Nel giro di dieci minuti riesco ad aggiungere angoscia ad angoscia... Mi rendo conto che la gonna abbondantemente sopra il ginocchio non può essere un abbigliamento consono alla "motorona". Mi infilo un paio di pantaloni che almeno arrivano al ginocchio. A posto? Naaaaaa, come faccio a conciliare parrucca e cascooooo? Certo che posso forzatamente infilare il casco, ma un risultato è sicuro: quando lo toglierò verrà via anche la parrucca e, visto che succederà nei pressi dell'ingresso al pronto soccorso, che succederà quando vedranno una donna che si toglie casco e "scalpo" nello stesso momento? Non mi piaccio con le bandane, ma non ho alternative... Ormai manca solo un quarto alle 11: in quel momento con aria insonnolita (il che non mi rassicura) arriva Michele e annuncia: "Sono senza benzina". Respiro a fondo. Non voglio mettergli fretta perché sarebbe controproducente visto che devo affidarmi ad una motorona, quindi replico: "Pisciaci dentro nel serbatoio, ma mi devi portare prima dal mio medico e poi all'ospedale". Lui per niente intimidito ribatte: "Con quelle ciabatte se cadiamo ci lasci tutta la pelle dei piedi". Santa Medea che fece dei figli uno spezzatino con cui nutrire il padre!

COME SI DIVENTA CENTAURO IN UN'UNICA, BREVE LEZIONE

PRIMA

I miei "pensieri del sellino":
Dove mi aggrappo? E compio vari attentati a parti anatomiche del conducente.
Come si fa per non incollarmi alla sua schiena e a sbattere fastidiosamente il mio casco contro il suo?
Che inclinazione devo seguire nelle curve? Quelle degli sci? Temo sia il contrario.

DOPO

Le "bacchettate" del conducente
"Non mi puoi strapparmi le palle, devi tenere le mani alla mia vita"
"Dietro la sella c'è una maniglia per evitare che tu mi venga addosso"
"In curva stai dritta, normale, se stringi bene le cosce sarà il tuo corpo ad assecondare la moto"

Io: "Oh bella! Ma allora è come andare a cavallo"
Lui: "Per questo ci chiamano centauri"

Passatemi il frustino!

Un abbraccio
Adriana

lunedì 28 luglio 2008

Un anno da "sfangare" - 28 luglio 2008

Carissimi
stamattina ho visto l'oncologo, il quale mi ha illustrato il piano: dovrò "sfangarmi" un anno di terapie varie. Be', è pur sempre una specie di "assicurazione sulla vita", no? Dovevo fare stamattina la prima chemio, ma è stata rimandata a martedì prossimo, perché oggi non ero proprio in forma. In questi giorni, infatti, il mio intestino si è davvero imbestialito culminando ieri con 39 di febbre. Ora va meglio, anche se c'è ancora un po' di febbre. Domani ho la visita con la radioterapista, così saprò anche la data di queste sedute, che purtroppo saranno quotidiane ma che non dovrebbero partire prima di metà agosto. La chemio, per fortuna, sarà ogni tre settimane. Insomma un bel bombardamento. Per il farmaco mirato alle metastasi dovrò invece aspettare la fine della radioterapia, la quale già - data la posizione - si farà sentire sul cuore e anche quel farmaco è piuttosto pesante sempre per il cuore.
Domani, subito dopo la visita dalla chemioterapista, Laura mi accompagna a Lignano, dove proseguirò con la fisioterapia fino a domenica compresa.
Un abbraccio
Adriana

giovedì 24 luglio 2008

la "fatina" - 24 luglio 2008

Carissimi
sono a casa da martedì sera, ma sono state giornate di fuoco per molteplici motivi, non ultimo il fatto che ho avuto la febbre a 38 per due giorni.La mia repentina partenza da Lignano è stata determinata dal fatto che l'appuntamento con l'oncologo ce l'ho lunedì prossimo, mentre martedì mi vedrà il radioterapista. Poi, avrò le idee più chiare circa le terapie e i loro tempi, in dipendenza dei quali vedrò se posso o meno tornare a Lignano. Questi i fatti principali. Se volete leggere più oltre, troverete più o meno i miei soliti "cazzeggi".

PARTENZA DA LIGNANO

Oncologia mi ha telefonato alle 13.30, avvertendomi di andare munita di analisi. Bruscamente concluso quindi il pranzo che stavo avendo con Marisa, venuta a trovarmi da Trieste e già arrivata in ritardo a causa di una coda in autostrada. Alle 16 è arrivato mio figlio Filippo a prendermi. La mattina dopo ero all'ambulatorio analisi. Il tutto con un freddo bestia addosso a causa della febbre, che - per fortuna - io porto bene, così come l'età ;-)


IL DRENAGGIO

Togliermi il drenaggio sembrava diventato un affare di alta chirurgia, mentre ormai io cominciavo ad essere non solo fisicamente infastidita (24 giorni senza doccia completa e nanna solo sul fianco destro), ma anche seriamente preoccupata da queste inspiegabili puntate di febbre che temevo la risposta ad un'infezione, visto che il liquido nella sacca diventava sempre più torbido e filamentoso.
Rapido riassunto delle "posizioni":

Ospedale di Latisana-Lignano
Obbligatoria l'impegnativa del proprio medico di base o comunque di un medico esterno all'ospedale, tipo Guardia Medica. "E comunque venga quando non spurga più".

Guardia Medica di Lignano
Del medico "fai da te" siriano vi ho già parlato... pieno di buone intenzioni. Ma anche per lui il drenaggio andava tolto solo nel momento in cui non "butta più".

Il mio chirurgo, interpellato telefonicamente.
"Finché il drenaggio c'è continua a colare. E' ora di toglierlo comunque. Lo può fare chiunque".

Il mio medico, martedì sera, quando sono andata per farmi fare le impegnative per i vari esami previsti dall'oncologo.
"Dove ha messo le mani il senologo non ci metto le mie".

All'ospedale di Padova, dove stamattina mi sono recata per avere impegnative e fascicoli da portare all'oncologo.
"Il suo chirurgo non c'è. E' in sala operatoria"
"Ma ci sarà un sostituto, no?"
"Sì, ma è quasi sicuro che lei, dopo aver fatto la fila, si senta rispondere di rivolgersi al suo chirurgo"

Il mio chirurgo, da me debitamente atteso fino a mezzogiorno, e che poi mi ha liberato dall'impiccio in cinque secondi.
Io: "Mi dispiace perseguitarla per una cosa così da poco, ma non trovo nessuno che me lo tolga"
Lui: "Non me ne parli... la capisco".

Mi ha comunque rassicurata in merito alla febbre e al mio stato debilitazione (pensavo di riprendermi più in fretta!): in realtà sono stata operata nel tempo minimo di attesa dopo l'ultima chemio (tre settimane invece di un mese) e quindi l'organismo è ancora stressato da quella terapia.


MATTINATA ALL'OSPEDALE CON "FATINA"
Nella segreteria di Chirurgia la signorina si è messa ad imbustare il mio "curriculum oncologico" per i vari destinatari: all'oncologo, al radiologo (mammografia al seno destro), al radioterapista, al medico di base. E io chi sono? L'ultima ruota del carro? Anzi, le chiusure già pretrattate con la colla normale sono state ripassate con lo stick di Bostik. Volevo dire: "Signorina, evita che io apra con il vapore? Guardi che non sono tipo da sotterfugio... vado dritta alla meta!". E infatti, visto che l'attesa del chirurgo si profilava lunga, sono andata a sedermi su una panchina del chiostro dell'ospedale vecchio (fine '700). Ho stracciato la busta indirizzata al mio medico di base (tanto lo sa che l'avrei fatto) e ho letto la diagnosi.

1) Carcinoma duttale infiltrante, con invasione vascolare peritumorale, della dimensione massima di 10 centimetri, che raggiunge il derma del capezzolo.
2) Metastasi in 8 dei 21 linfonodi repertati
3) Metastasi in 3 dei 3 linfonodi repertati

Niente che non sapessi già, ma la parola "metastasi" messa nero su bianco per due volte, ammetto che mi ha fatto venire brutti pensieri, perfino "testamentari"... Tuttavia mi sono imposta di rispettare la regola che mi sono data: vivere tutta la questione per tappe. E la prossima è quella con di lunedì prossimo, con l'oncologo. Così ho ricominciato a respirare regolarmente e a guardarmi intorno: decisamente rasserenante il suono della fontana centrale e l'ombra dei pini (o saranno cedri del Libano?) centenari. Peccato per le aiole elegantemente circondate da basse siepi di bosso, ma invase da alte erbacce. E' stato in quel momento - giuro - che ho pensato: "Devo essere proprio giù di corda se sono qui seduta e non mi viene incontro nessuna storia...". Istantaneamente dall'ombra delle colonne si è materializzata una donnina fatta a botticella, capelli bianchi, corti e ispidi, maglietta viola con lustrini. Poteva essere Flora, una delle tre fatine della Bella Addormentata nel film di Disney? Naaaaa, l'ho capito nel momento in cui si è avvicinata alla panchina e mi ha chiesto: "Che, disturbo?" in chiaro accento romanesco. "No, no, prego". E' una rogna, non una fatina, ho pensato, progettando già di battermela. Ma lei aveva già estratto dalla borsetta borchiata un pacchetto di sigarette nuovo di zecca e per aprirlo ne stava facendo scempio, borbottando: "Eppoi me dicono de no fuma'. Si accende la sigaretta sbuffando come un mantice, sicura di trovare solidarietà, visto che stavo fumando anch'io. "Ma dico io - continua - che serve se smetto di fumare visto che ho due figli di 40 anni che in casa fumano tutto il giorno. E' come se fumassi anch'io, no? Così ogni giorno smetto e ogni giorno ricomincio". Mi ha guardato in cerca di approvazione. L'ha avuta con un cenno di comprensione e, mentre lei carbonizzava (più che incenerire) la sigaretta, mi sono persa a ripensare ad una cosa curiosa accaduta il giorno prima. Ero appena uscita dal bar dell'ambulatorio analisi, dove mi ero gustata briche con cappuccino, e mi stavo voluttuosamente fumando una sigaretta, quando si avvicina un anzianotto, mi guarda come se dovesse chiedermi un'informazione e invece: "Mi offre una sigaretta?". "Prego" faccio io porgendo il pacchetto che avevo in mano. "No, no - si schermisce - scherzavo. Io ho smesso nell'aprile del '72". E che, celebra ancora l'anniversario? Penso fra me... "Così sa? Ho smesso da un giorno all'altro" aggiunge, guardando perdutamente la mia sigaretta. Non sfoggia virtuosismo per la verità, ma solo tanta nostalgia... Infatti: "Mi scusi eh? Non volevo disturbare...". E si allontana così, un po' ingobbito, perso nel ricordo di una nuvola di fumo.
I miei pensieri vengono interrotti dalla "fatina": "Bella villetta, vero?". Guardo lei, guardo il chiostro. Siamo alle allucinazioni? Lei imperterrita allunga il braccio in un gesto circolare. No, non ha un imprevisto attacco di umorismo... Chiama il chiosco proprio così, villetta. "Be' sa - spiego io - è l'ospedale vecchio". "Quanto vecchio?". "Fine '700". "Mannaggia, è da stamattina alle 8 che aspetto una visita. Ma sto' ospedale vecchio funziona ancora?". Non ho parole, anche perché è serissima. "Dietro qui c'è quello nuovo" ribatto flebile, non sapendo proprio che dire. Ho comunque detto troppo. Lo intuisco da rapido movimento con cui guadagna mezzo metro a sedere vicino a me. "Perché sta qua lei?". "Cancro al seno" rispondo sperando di gelare la conversazione. Invece è come aver scosso una bottiglia di spumante rimasta un'ora sotto il sole. La "fatina" esplode in un resoconto sulla morte per cancro al seno di una sua sorella di trent'anni. "E papà era disposto a pagare per curarla, ma alla clinica privata non ci hanno voluto firmare la garanzia che sarebbe guarita, così l'abbiamo portata all'ospedale...". A costo di sembrare scortese, mi alzo di scatto quando coincia il capitolo sulla nipote che ha abortito a causa di un cancro al seno. Me la batto con il solito pensiero: "Ma tutti a me gli svitati?".
Un abbraccio
Adriana

ps. Ora sono molto stanca e vado a letto. Prometto che domani risponderò alle mail personali.

domenica 20 luglio 2008

L'ora del lupo - 20 luglio 2008 - 23.30 della notte

Sapete perché i neonati preferenzialmente cominciano a frignare irrequieti, senza essere incazzati, ma inondati da un "blues" al crepuscolo? Succede anche agli adulti, ma in modo più o meno sublimato. I neonati, invece, avendo una memoria più primitiva e recente sentono quella che viene chiamata - semplificando - "l'ora del lupo". E sì, erano cazzi acidi ai primordi, quando la luce se ne andava e ti rifugiavi per la notte nel posto più sicuro a disposizione, ma pur sempre con una strizza mortale nei confronti dei predatori notturni.
Per me qui, l'ora del lupo più micidiale è proprio questa, intorno alle 21, quando gli stomaci sazi da una giornata di ristrettezze alimentari determinate dalla dieta-mare vengono finalmente ingolfati da una libera pascolata. E' allora che entra in funzione all'aperto ( essendo in vacanza, altrimenti si sta in stalla-tv) la digestione bovina omaso-abomaso, ovvero "paciolar". Ma qui non ci sono pacifiche mandrie a ruminare. Stasera mi sono rifugiata in casa come in una caverna. Sono accesi solo il pc e una piccola lampada sulla tastiera.
Avrei voglia di andare a sedermi su un pedalò sulla spiaggia... ehi, amici maltesi, questo è il massimo a cui posso aspirare come scoglio... ma forse lo farò più tardi, quando potrò sgusciare inosservata fuori da questa "riserva". E poi è da quando mi sono rasata che ho una grande tentazione, quella di farmi un giro di notte e passare per maschio. Ora sarebbe anche più facile: una tetta non c'è più, l'altra è molto "avvilita". Sono anche diventata più spigolosa. Avevo già accennato la mia intenzione all'amico Antonio, ma mi aveva stroncato a causa delle guance imberbi e del viso paffuto a spacciarmi per maschio. Nonostante la mia voce arrotata dalle sigarette. Però ora senza ciglia e sopraciglia, oltre che calva, sono ancora più androgina. Mi sembrerebbe di esplorare il mondo da un altro punto di vista. E chissà quali storie mi correrebbero incontro. Che TENTAZIONE, che tremenda TENTAZIONE. Nessuna tendenza lesbica di mezzo, solo curiosità di capire come il linguaggio corporeo influenza quello dei sessi.
No, stasera no. Non mi sento abbastanza libera per farlo. Libera dentro. Mi rode, lo ammetto, il pensiero di domani. Devo parlare con il chirurgo tornato dalla Sardegna. Sarà già un'impresa acchiapparlo al telefono, ma questa era stata l'intesa dopo avergli detto che io partivo per Lignano a smaltire la convalescenza. In realtà non mi aspetto grandi rivelazioni. Vi ricordate? Sarebbe stato un successo se fossi uscita dalla sala operatoria senza entrambi i seni, invece il destro è rimasto lì, segno che il sinistro aveva troppi problemi per occuparsi dell'estetica. Poteva passare se l'intervento avesse preso in considerazione il "nodulo sentinella", ovvero la biopsia di un nodulo nei dintorni del cancro per verificare l'estensione del "contagio". Invece l'ascella mi è stata vuotata, perché i noduli erano già infiammati. E anche ricucita alla "come viene", piena di pieghe. Mi consolo pensando che il chirurgo abbia intenzione di ricucirmi più dettagliatamente in vista di una ricostruzione. Che comunque deciderò in seguito.

Adesso pausa. o forse buonanotte.

Adriana

Papaveri e papere 20 luglio 2008

Oggi, dopo otto sedute che scoccavano da mezzogiorno all'una di ogni giorno, ho dato il temporaneo addio al mio fisioterapista che rivedrò non prima di venerdì prossimo, visto che non ha più un'ora libera per me.
Ma torniamo a domenica scorsa, quando poco prima di mezzogiorno sono arrivata alle Terme a scapito dell'amato aperitivo con i miei vicini Alberto e Isabella, nonché Luciano il giardiniere. L'ambiente è elegante, ma gelido. Mi aggiro furtiva fino ad individuare due condizionatori che sbuffano un'aria ibernante e li spengo. Ma cambia poco, mi aspetto di vedere nuvolette di vapore uscirmi dalle narici e i pochi anziani nella sala d'aspetto sembrano appena usciti dai cassetti refrigerati dell'obitorio. Gli manca solo il cartellino di refrigerazione appeso all'alluce. Io per fortuna ho la mia parrucca che si sta dimostrando un eccellente berrettone para-spifferi. Fisso ipnotizzata i quadri alle pareti diventate spazio per la mostra di un tale di cui non ricordo il nome. Già il formato delle tele è bizzarro, direi 30 di larghezza per 1.50 di altezza. Solo due i soggetti: fiori e marine. Passi per i fiori, uno solo per tela e riprodotto con l'asetticità biologica di una macro da documentario, ma le vedute marine viste in una così spiccata verticalità mi fanno sentire la prigioniera Pia de' Tolomei che scruta il Tirreno (semmai lo vedeva) dalle feritoie di una torre. Intanto penso al massaggiatore: sarà bravo? Sarà simpatico? Sarà come l'icona dei massaggiatori, ovvero fisico da bagnino con l'unico lampo bianco della dentatura sul corpo rigorosamente abbronzato? In fondo queste Terme danno direttamente sulla spiaggia, no? Magari hanno i bagnini-massaggiatori che si alternano fra la battigia e i "box" (qui chiamano così) per le terapie. Mai termine fu più appropriato, scoprirò dopo, visto che i locali hanno l'ampiezza delle tele del pittore e si allineano come cellette nel corridoio alla mia destra. Alla mia sinistra c'è uno scalone che porta al piano superiore, dove l'istituto di estetica dovrebbe toglierti gli anni rimasti in sovrappiù dopo l'eventuale intervento terapico. Tuttavia, data l'età imperante, direi che non si scende nella migliore delle ipotesi sotto i 60, quindi non vedo quale vantaggio potrei trarne dai miei 58.
Allo scoccare del mezzogiorno, il corridoio dei box si anima: prima passi claudicanti, strascicati, pesante ciabattare, ticchettìo di bastoni. Eccoli i redivivi tolti dall'ibernazione della sala d'aspetto. Poi il clamore fatto di battute insulse e saluti sbracati degli "sciamani termali". Al fisico da bagnino si avvicinano, jeans e maglietta arancione come divisa fanno il resto. Nessuna donna. Solo una vecchia infermiera che gira pingue e ondeggiante come una papera alla disperata ricerca di qualcuno a cui misurare la pressione, tanto per tenersi in esercizio. A quale di questi guizzanti tonni-pinna gialla (arancione) della pubblicità Maruzzella, mi pare, toccherà di blandire a carezze il mio riluttante sistema linfatico? E' meglio che dire linfodrenaggio, no? Quello possente e con un cranio rasato che non ha niente da invidiare al mio? Quello dal sorriso pronto e dall'aria biricchina che mi addocchia la maglietta sapientemente drappeggiata ed esclama: "Che magnifico giallo!" (giusto oggi ha detto ad un'ottantenne: "Ahhh, rosa salmone stamattina". Che sia un gerontofilo o il pittore della mostra?". Fare i massaggiatori scalda, ehh? Loro camminano sciolti prelevando noi stoccafissi dell'Artico. Mi sta venendo il complesso dell'orfana che nessuno adotta, quando da dietro la siepe di muscoli spunta il "mio". Visti i quadri dove prevalgono sinistri, solitari e giganteschi papaveri... che canzone poteva venirmi in mente se non "Papaveri e papere"? Anzi, eccolo lì, il mio brutto anatroccolo di non più un metro e 60, fisico esile, pomo d'adamo prorompente. Il nome? Massimo! Ma quanto sanno essere crudeli i genitori o meglio le loro aspettative!

Ora vado ad occuparmi della mia cena, cercando di dribblare "el piaciolar"...
A dopo.
Un abbraccio
Adriana

sabato 19 luglio 2008

Baleniera in disarmo...19 luglio 2008

Sono passati 20 giorni dall'intervento e devo dire che mi sentivo meglio 19 giorni fa rispetto ad ora. Possibile che, date le ottime premesse, la convalescenza si stia rivelando così lunga? Sono tutta uno scricchiolìo come una baleniera in disarmo, altro che amazzone! Ieri, ad esempio, ho avuto 38 di febbre e mi sono preoccupata perché temevo che magari si fosse infettata la ferita del drenaggio. Invece stamattina ero uno straccio, ma sfebbrata. Quindi sono andata - sempre rigorosamente a piedi - a fare la seduta di fisoterapia, però braccio e spalla ancora non si sistemano. Le giornate, comunque, trascorrono fulminee. Tutte le villette sono ormai occupate e io passo il mio tempo ad evitare di partecipare al modo più monotono di trascorrere il tempo: quello del "paciolar". Devo spiegare per quanti non sono veneti. In dialetto chiaccherare si dice "ciacolar", il che denota un'attività poco impegnativa, ma non del tutto priva di significato. Esiste poi il "paciolar" che, propriamente, sarebbe l'azione di masticare e rimasticare qualcosa di poco impegnativo in bocca. Ecco, "paciolar" è l'equivalente del parlare tanto per dare aria alla bocca, dove già l'affermazione "non esistono più le mezze stagioni" assurge a significati filosofici, rispetto al tono medio del "paciolar" che spazia dalle differenze tra la prima e l'ultima fila degli ombrelloni, alla temperatura della piscina, dalle prodezze alle coliche dei cani, ai centinaia di modi per accendere il barbecue. Per fortuna il mio stato di malata giustifica tutte le mie "fughe", senza sembrare scortese. Quello che mi secca di più è che tutto questo via vai di cani e di umani ha relegato gli scoiattoli alle cime più alte dei pini, proprio quando ormai avevano trovato la strada per venire da me a prendersi le noci.
Ok, non vorrei cadere anch'io nel "paciolamento". Quindi ci risentiamo domani. Vorrei parlarvi del mio fisioterapista.
Un abbraccio
Adriana

martedì 15 luglio 2008

Un salto nel Terzo Mondo

Carissimi,
giorni fa si è posto il problema di togliermi i punti e, possibilmente, il drenaggio.
All'ospedale di Latisana (quello più vicino a Lignano) mi dicono che mi serve l'impegnativa del mio medico di base. "Ma io sono a Lignano, mica dovrò tornare a Padova per questo?". "Allora vada alla Guradia Medica, perché comunque serve la certificazione di un dottore". Non replico perché già sento che sarebbe inutile, ma mi chiedo se al reparto di Chirurgia dove mi devo recare per la "rimozione" non ci sia neppure un medico che possa certificare la necessità di questa banale medicazione. Pronto Soccorso? Neanche a parlarne! Lì, dove i punti li danno come una sarta a cottimo, non li tolgono, in quanto non si tratta di un intervento d'urgenza.
Vabbé, vado alla Guardia Medica (sezione turisti), dove si paga anche il rilevamento della pressione. La sala d'attesa è completamente vuota... forse per questo - visto che rompo il tedio di una mattinata a calma piatta - vengo accolta con entusiasmo dal medico di turno. "Ahhhh, come sono fortunato! E' venuta a trovarmi una bella donna". "Aspetti a dirlo" bofonchio io, piuttosto perplessa. Il dottore è sui 70 ben portati, con un aspetto "démodé" visto il capello ondulato (rigorosamente tinti di marrone chiaro) e i baffetti a manubrio. Insomma si prodiga in sbracciate, sorrisi e mi inonda in un improbabile italiano, con un forte accento fra l'arabo e il francese. La notizia che la mia fulgida bellezza è menomata da un seno di meno non lo turba minimamente e anzi vuole esaminare il "misfatto", proclamando che lui è un esperto ginecologo che ha girato tutto il mondo. "Ma ci prova o si fa?" mi chiedo, temendo già di ritrovarmi in un'inappropriata posizione ginecologica. Invece è galante, ma non smanaccione e, mi assicura, che il mio viaggio all'ospedale è del tutto inutile in quanto lui è perfettamente in grado di liberarmi di entrambi gli impicci. "Vuole subito?" mi dice. "No grazie, non prima di lunedì mi ha detto il chirurgo". "Benissimo, allora l'aspetto lunedì mattina" e, un po' frastornata oltre che senza impegnativa, mi ritrovo alla porta. Nei due giorni successivi mi autoconvinco che tutto sommato è una buona idea, anche perché così evito di chiedere al mio gentilissimo vicino Alberto un passaggio in auto fino all'ospedale.
Il lunedì mattina alle 10 sono nell'ambulatorio. Il nostro mi guarda perplesso: "In cosa posso esserle utile?". Stavolta ci vuole proprio: "Be', allora non avevo poi fatto così colpo se lei si è già dimenticato di me... Sono qui per i punti". "Ahhh, la bella signora... si accomodi" (ero peggiorata in un paio di giorni? Preoccupante). Mi denudo fino alla cintola e mi siedo sul lettino. "Questo è il liquido di drenaggio di dieci ore" gli faccio notare. "Troppo, - decide - facciamo solo i punti". Sotto sotto sono sollevata anche perché noto che in luogo di uno sterilizzatore per i ferri c'è una pentola su un fornellino elettrico... Lui intanto continua a cianciare sugli Emirati Arabi dove ha esercitato per moltissimi anni e con pochissimi mezzi tecnici a disposizione. Mi dà le spalle e fruga senza ombra di guanti fra le poche cose posate su un tavolinetto da medicazione. Improvvisamente si gira brandendo la lametta senza manico di un bisturi. "Non ci sono le forbici da punti - spiega, indicandomene un paio da garza con punte arrotondate - e con quelle non posso certo incidere. La lametta andrà benissimo, lei non si preoccupi". "Be', cerchi di non preoccuparsi neppure lei" rispondo, temendo che gli tremi la mano. Invece salvo per un punto un po' profondo, tutto fila liscio e indolore. "Vada di là che c'è uno specchio e controlli se li ho tolti tutti" conclude. Nel bagnetto non c'è manco una finestra, una luce fioca e uno specchio incassato fra due armadietti sopra il lavandino. Lascio correre e lo rassicuro: "Controllerò a casa, dove ho uno specchio che ingrandisce". Sembra soddisfatto e si accinge ad applicarmi una garza adesiva sulla traballante imboccatura del drenaggio. "AAAlt - faccio io - sono allergica a quella roba. Mi metto io a csa del cerotto di carta". Proprio in quel momento butto l'occhio nella vetrinetta dei medicinali desolatamente semivuota, ma dove vedo un rotolo di cerotto. "Eccolo, quello va bene!". "Ma è cerotto quello?" mi risponde questo strano personaggio. Alla fine, pur dubbioso me lo applica. Poi si siede dietro la scrivania e mi dice: "18 euro". "Ricevuta" faccio eco io. Scova un libretto da ricevute nel fondo di un cassetto e scribacchia una generica "prestazione ambulatoriale". Quando sono sulla porta mi dice: "La aspetto per il drenaggio". Oddio, vedremo... ma intanto chi me la fa la dannata impegnativa se decido di andare all'ospedale? Mi apposterò fuori dalla Guardia Medica per sincerarmi che non ci sia questo premuroso, galante e fantasioso medico siriano di Guardia?
Un abbraccio
Adriana

lunedì 14 luglio 2008

15 luglio 2008 - Il ritorno dell'Internauta

Carissimi
rieccomi. Il passaggio da Tim a Vodafone mi ha permesso di ridiventare un'internauta. Ma che stress e quanti soldi buttati...
Siccome è da un po' che non ci sentiamo, faccio un breve riepilogo generale per chi, pur volendomi bene, non ha molto tempo per leggere le mie "minchiate".
Sono ancora nella mia casa al mare a Lignano e intendo restarci il più possibile. Il mio chirurgo invece è in vacanza in Sardegna per tutta questa settimana, quindi prima della prossima non potrò avere notizie sull'esito dell'esame istologico in merito alle ghiandole ascellari che mi sono state tolte insieme al seno. Inutile che vi dica come questo risultato sia importante... Cerco di non pensarci e di procedere come sempre, cioè affrontando i problemi uno per volta: ora, ad esempio, sto facendo la fisioterapia per ridare mobilitazione e circolazione linfatica al braccio. Non è messo male, ma è riluttante ad adeguarsi ai livelli del destro, così come la spalla e zone circonvicine. Ho potuto liberarmi dei punti (ma non ho vinto niente;-), non del sacchetto di drenaggio che ancora raccoglie un po' dei miei effluvi. Riesco comunque a fare una vita abbastanza attiva (bici, passeggiate, ecc.) nonostante siano trascorse neppure due settimane dall'intervento. Quello che proprio non posso affrontare è la pulizia dei pavimenti, ad esempio... e non mi dispiace affatto ;-))))))) Né posso stare troppo a scrivere al pc, perché si svegliano muscoletti che neanche sapevo di avere. Infatti ora mi fermo qui. Tanto l'essenziale l'ho scritto. Il resto sarà a "capitoletti" tra un lavaggio di denti (è mezzanotte passata); la ricarica di noci per gli scoiattoli; ingurgitare vari estratti di erbe, nonché la melatonina, nel vano tentativo di dormire; lavare le ultime tazze, ecc. In questo modo il movimento mi evita i doloretti ;-)
A risentirci, perché ho proprio voglia di stare con voi stanotte, per raccontare cose o anche per "parlarmi un po' addosso".


L'AMAZZONE

La poesia che Diego mi ha dedicato rischia di farmi montare la testa, oltre che a cavallo... Peggio il secondo caso, vista la scarsa autorità che esercito su questi quadrupedi nonostante un corso al maneggio. Mi ha colpito in particolare il riferimento all'arco di nocciolo, perché era proprio con questo legno che mi costruivo archi e freccie da bambina, ma venivano inesorabilmente distrutti dalla mia esecranda madre che riteneva questo gioco non adatto ad una femmina.
Tuttavia, diventare amazzone in tempi moderni implica anche problemi pratici.
Uno che segnalo - fra i tanti che possono nascere a livello psicologico e che per ora non mi sfiorano - è quello della "sindrome del seno mancante", tanto per parafrasare quella ben più nota dell' arto mancante, ovvero persone cui hanno tagliato ad esempio una gamba continuano a sentire dolore al piede o hanno l'impressione di muovere le dita. Ebbene, io ho ancora la sensazione che il seno sia al suo posto, se tendo i muscoli mi sembra che si espanda e se ho un brivido il capezzolo si inturgidisce. Quindi quando ad esempio mi vuoto quotidianamente il sacchetto del drenaggio guardo con stupore a questa assimetria del costato. Ma ciò non mi impedisce di affrontare un problema più concreto, ovvero quello del look da adattare a questo vuoto che - più per oggettive difficoltà che per libera scelta - vedo difficoltoso da riempire.

LOOK DELLA MODERNA AMAZZONE

Il problema mi si è presentato quasi subito, visto che sono uscita dall'ospedale neanche a 24 ore dall'intervento. Sono entrata con una camicetta tesa, sono uscita con la stessa floscia. Con la ricostruzione al di là da venire, come dicevo, e la medicazione ancora in atto, al seno posticcio in silicone non ci pensi proprio e alla coppetta in gommapiuma... nemmeno. Comunque ho una terza misura, mica un bunker da riempire, mi sono detta. Si tratta solo di "imbrogliare un po' ". Questi dubbi per la verità me li ero posti con discreto anticipo, ma poi quello che vuoi lo capisci solo quando entri nella realtà del fatto. Insomma a me di mettermi un "posticcio" proprio non mi va... Anche perché si tratterebbe di un "posticcio" senza alcuna funzione, se non quella meramente seduttiva. Ok ad un braccio o ad una gamba finta, anche ad un globo oculare, oppure la parrucca (onde non passare per una snob attempata), ma "pareggiare" un seno che già di per se stesso non è prorompente, che senso ha? Mi sono sempre chiesta come facessero quelle (soprattutto giovanissime) che, arrivate al dunque con un maschio, dovessero fare i conti con le imbottiture. E che sono, il mago Silvan? E butta caso che io stessa in questo periodo incontri una persona che mi interessa, maschero una tetta che non c'è per poi togliermi la parrucca e il sacchetto del drenaggio??????? E poi è tutto da dimostrare che due tette raddoppiano il piacere!

Nel giro di tre giorni avevo deciso che girellare per casa in vestaglia non poteva durare. E visto che era tempo di saldi ero tentata da un'incursione di shopping, attività che mi è francamente odiosa anche con due tette e la mia chioma ordinaria. Mi sono quindi messa a rovistare fra le mie cose e ho messo insieme sei completini niente male (vestirsi e svestirsi è stato un ottimo esercizio per il braccio). Niente di aderente dalla vita in su; scollatura disinvolta ma con sciarpetta che cade giusto a sinistra; piccolo gilé che va bene anche in estate, e vaiiii... essere creativi è già bello, ma su se stessi è libidinoso ;-) Oltretutto il chirurgo per chiudere la ferita ha dovuto servirsi di tutta la pelle che poteva, così mi ha tirato un "dècòltèèèè" (come direbbe Vanna Marchi) che sembra passato con il ferro da stiro ;-))))))))))) non fa una grinza!

CROSSWORD

Il mio "studio permanente" dell'Inglese, nonostante i discutibilissimi risultati, basta appunto non discuterli in Iglese, mi porta a cimentarmi con le crossword, le parole crociate. Pazienza se non ci acchiappo perché in Inglese, ma ... La definizione orizzontale era semplice: "Sign of the Zodiac, nasty disease". Ma ci credete che non mi era venuto in mente Cancro, finché non mi sono aiutata con le verticali? Rimozione o preoccupante calo di neuroni?

Un abbraccione
Adriana

giovedì 10 luglio 2008

LA MIA AMICA E' UN'AMAZZONE - Poesia

La mia amica è un’amazzone
di Diego manca

L’amica mia è un’amazzone guerriera,
combatte a testa alta, bella, fiera;
i suoi nemici, pochi, ben nascosti,
verso di lei non sono ben disposti.
Sul suo stallone bianco, a briglia sciolta
avanza galoppando e non si volta
per controllare se qualcun la segue
quando da sola il suo nemico insegue.
Mi pare di vederla quando tende
la corda del suo arco e l’aria fende
il dardo che ha scoccato verso il cielo;
con quella freccia ha squarciato un velo
e vede chiaramente chi le è amico
e la malanatura del nemico,
quindi col suo bell’arco di nocciòlo
lei tutti i suoi malanni stende al suolo.
Adriana, ritta come un asfodelo
cavalca verso i pascoli a cui anelo:
per galoppare un giorno insieme a lei
e sconfiggere i suoi nemici e i miei.





venerdì 4 luglio 2008

4 luglio 2008 - Adriana: Vinta la partita, non il campionato

Carissimi
eccomi qui per raccontarmi, raccontarvi di questa mia seconda partita vinta (la prima è stata con la chemio). Ma non è certo il successo di due partite a far vincere il campionato, o almeno così credo, perché di sport io non ne so proprio niente. Di positivo c'è che ho ottenuto il massimo risultato con il minimo sforzo, di negativo ... il numero di partite che dovrò ancora giocarmi.
Ma andiamo con ordine.

IL RICOVERO

Martedì 1 luglio alle 8 ero già nella mia stanza al decimo piano, dalla cui finestra con ampia vista su Padova ho fumato la prima sigaretta clandestina, non senza prima aver acceso una candela alla citronella e vaporizzato un deodorante al borotalco perfino sul cartello che proibisce di fumare, pena un'ammenda - mi pare - di 33 euro da versare al responsabile... Sì, puntini al posto del nome. Questo mi ha incoraggiato nella trasgressione, perché prima che si trovasse o si nominasse un responsabile sicuramente sarei stata dimessa. Avevo giusto spento la cicca che si è presentato un plotone di infermiere, guidato da una specie di bulldog che ha subito abbaiato: "Qui si fuma e io sono contraria al fumo". "Guardi che una sigaretta la si concede anche ai condannati a morte" ho ribattuto io. "Non c'entra, oltretutto viene una gran brutta voce". "Sexy, vorrà dire" ho risposto con un sorriso ammiccante, mentre pensavo che a quella la voce sexy non sarebbe venuta neppure con due pacchetti di Gauloise al giorno per vent'anni consecutivi. Per fortuna è battuta in ritirata (non si fa incazzare un'ospite pagante!) e mi ha lasciato nelle mani di due più giovani e accondiscendenti colleghe che mi hanno trafficato intorno per gli esami di rito.
Erano circa le 9.30: intervento fissato fra mezzogiorno e l'una. Tanto valeva mettersi a letto e far trascorrere il tempo con un buon libro, sperando che non ci fossero altre intrusioni ad interrompere il mio accumulo di nicotina in previsione di lunghe ore di astinenza. Mezzogiorno, l'una, le due, le tre... comincio a pensare che per una svista magari non sono stata inserita nel calendario degli interventi. Alle 15.30 entra un'infermiera seguita da due operai. "Devono cambiare il neon sopra il letto - mi spiega - perché è saltato". "Non sono stata io" stavo per ribattere, visto che in genere "SONO IO" a fare queste cose. In ogni caso, perché la mia vita deve essere costellata di lampadine fulminate? Ne approfitto per chiedere notizie del chirurgo. "Ha dato la precedenza ad un'altra signora. Lei sarà operata a metà pomeriggio". "Ma siamo già a metà pomeriggio" obietto io, pensando che potevano almeno avvertirmi prima. "Vedrà che non manca molto".
Alle 16.30 vengono finalmente a prendemi.
Nella sala pre-operatoria un infermiere, che si presenta come Emiliano (gentile da parte sua), mi avverte che essendo l'intervento segnato come bilaterale dovrà fissarmi al lettino a braccia spalancate. "Ma come farò a passare dalla porta?" chiedo, già temendo strane manovre. Emiliano mi guarda perplesso, forse non sa se prendermi o meno sul serio... sta di fatto che i braccioli sono richiudibili, come constato un attimo dopo entrando in sala operatoria. Neanche il tempo di vedere il chirurgo che già sono nel mondo dei sogni. Anzi non è vero, perché in anestesia non si sogna affatto.
Mi sveglio al solito incitamento: "Respira, respira!" cosa che in qualche modo riesco a fare, anche se vengo subito impedita da un bolo di saliva. Mi accorgo infatti che non posso assolutamente deglutire. La mia gola è come morta e così il collo. Unica salvezza sbavare come una lumaca in calore, con Emiliano che ogni tanto viene con l'aspiratore a ripulirmi la bocca. Ma pure il naso è intasato e per quello non c'è niente da fare. Dove sarà mai quella dannata anestesista che pareva così gentile e sollecita? Sono spariti tutti, accidenti! Finalmente i muscoli della gola tornano a funzionare, ma in compenso mi si accende un dolore rovente dalla spalla alla mano sinistra. E' così che constato come il mio seno destro sia ancora al suo posto. Quindi non è andata come doveva. L'intervento sul sinistro - durato in tutto circa tre ore - non si è profilato risolutivo.
Devo dire che mi è stato dato subito un antidolorifico che nel giro di mezz'ora mi ha rimesso a nuovo.

IL DECORSO POST OPERATORIO

La notte è passata molto dolcemente, con il sonno interrotto solo talvolta da una sollecita e dolce infermiera che, casualmente, avevo conosciuto anni fa. Verso mattina il dolore stava ricominciando, subito stroncato da un'altra dose. Mi sono svegliata alle 7 tutta pimpante e, nell'ordine, ho fatto colazione (té e fette biscottate con burro e marmellata); ho acceso la candela alla citronella, mi sono alzata e sono andata alla finestra trascinandomi dietro la flebo e sacchetti del drenaggio, mi sono fumata con grande soddisfazione una sigaretta decidendo che il peggio era passato. Ero giusto tornata a letto che sono arrivate due infermiere per rassettare la stanza. Per fortuna non avevano il naso fino del bulldog o forse se ne infischiavano. Una comunque mi dice: "Come mai la candela?". "E' per le zanzare". "Ma non ci sono zanzare al decimo piano...". "Eccome se ci sono. - ribatto io - Vengono su con l'ascensore insieme agli umani. Lei lo sa che la cicalina ci è arrivata dagli Stati Uniti con gli aerei?". Si eclissano senza null'altro aggiungere.
Arriva il chirurgo, da solo.
"Si fuma qui dentro...".
"Intende fare la spia?".
"No, no... era solo una domanda"
"Come mai un solo seno?"
"Ho fatto solo l' indispensabile, cioè mastectomia radicale e asportazione delle ghiandole ascellari. Ora bisognerà aspettare l'esito dell'esame istologico. Ci vorranno 10-15 giorni. Poi decideremo".
Entrambi sappiamo che significa, quindi non c'è niente da aggiungere.
"Piuttosto, come si sente?"
"Benissimo"
"Allora la dimetto domani".
"Per me anche oggi"
"D'accordo per oggi allora. Le firmo le dimissioni per il pomeriggio".
Le infermiere che vengono a portarmi le varie carte da firmare, che mi cambiano il drenaggio in uno meno ingombrante, che mi danno gli antibiotici da prendere a casa sono esterefatte. "Ma come, se ne va di già? E' stata operata solo ieri sera...". Calma, calma. Alle 18 "scrocco" anche la cena (petto di pollo grigliato, puré e frutta cotta). Alle 19 sono già nel mio letto. Liberaaaaa ;-)

PICCOLA GRANA FASTIDIOSA

La medicazione ha cominciato a prudermi nel pomeriggio di ieri. E' passato il mio medico per un saluto. Gli dico: "Ti ricordi che quando mi hanno messo il port mi era venuta quella brutta allergia per la colla dei cerotti?". "Sì". "Mi sta succedendo la stessa cosa. Che si può fare?". "Niente, io non ti cambio la medicazione. Aspetta fino a lunedì quando vedrai il chirurgo". GRRRRRR
La zona intorno si stava tutta arrossando e il prurito tormentoso. Mi è venuta in aiuto la sorella di Fernando. Lei è primario di Dermatologia all'ospedale di Vicenza. E' stata tassativa: togliere quanto prima la medicazione o sarei stata costretta a ricorrere a cortisonici che però rallentano la cicatrizzazione della ferita. "E ne ho visti di questi casi" ha aggiunto. "Ma allora perché ancora si usa questo tipo di cerotto?". "Perché la sanità è diventata un'industria". GRRRR
Erano ormai le 21.30... Ma non me la sentivo di passare una notte in quelle condizioni. Sono andata all'ospedale al mio reparto. In chirurgia c'era di turno proprio l'infermiere Emiliano che in cinque minuti mi ha cambiato la medicazione usando banale cerotto bianco di carta. "Eh sì, ne vediamo eccome di questi casi...". GRRRR
Il tempo di tornare a casa e il prurito è completamente scomparso. Anche questo è "giocare sulla pelle" del paziente!

Un abbraccio

Adriana