lunedì 4 gennaio 2010

sala chirurgica senza agenda

Carissimi
ancora un'incazzatura.
Ultima terapia lunedì scorso.

IO: "Devo fissare l'appuntamento per togliermi il port?"
ONCOLOGO: "No, lo faccio io, ma sarà meglio aspettare una decina di giorni"

Torno a casa, come sapete in pezzi, e stacco i telefoni fino a venerdì, 1 gennaio. E, fra gli auguri vari, trovo questo messaggio in segreteria dal reparto di Oncologia: "Il suo appuntamento per togliere il port è stata fissato". GRRRR, dire per quando mi rovinava la sorpresa? Stizzita, ma non preoccupata, perché immaginavo che si trattasse di una data a dopo le Feste. Comunque per prudenza sabato 2 gennaio ho chiamato il reparto... in fondo chi fa le terapie mica è soggetto ai ponti, no? Invece sì. Reparto chiuso. Manco un'infermiera al centralino per un caso di emergenza o per rispondere alla banale domanda: "Quando dovrei entrare in sala operatoria? "... Perfino io ho un'agenda! Possibile che ad Oncologia tutto continui ad essere affidato al caso?

Stamattina alle 9 mi rimetto al telefono e ho dovuto fare il numero per mezzora prima di trovare libero. Mi risponde un'angelica voce sconosciuta che mi gratifica con il solito TU.

IO: "Vorrei sapere a quando è stato fissato l'appuntamento per togliermi il port".
INFERMIERA: "Sai, ti abbiamo cercata, ma non rispondevi"
IO: "Capisco, ma avevo staccato i telefoni perché l'ultima terapia mi ha distrutta. Comunque quand'è l'appuntamento?"
INFERMIERA: "Io non lo so, ma adesso la caposala va giù in chirurgia a vedere... intanto ridammi i tuoi numeri di telefono"
IO: "Sono nella mia cartella clinica..."
INFERMIERA: "Faccio prima se me li dai nuovamente"

GRRRR, che significa che la caposala "va giù", a piedi? In ascensore? In barella? Telefono e agenda noooooo?

Aspetto fino alle 11 e niente, nessuna comunicazione.
Infine decido che devo uscire per fare la spesa, pena la morte per inedia, visto che le Feste e la mia immobilità hanno vuotato la dispensa fino alle riserve.
Torno alle 13 con la mano destra resa inabile, perché rimasta in tasca ad avvolgere il cel.
Richiamo Oncologia.
Stavolta riconosco la voce della sbrigativa caporeparto.

IO: "Vorrei sapere quando è l'appuntamento per togliermi il port"
CAPOREPARTO: "Lei ce l'aveva stamattina, ma non siamo mai riusciti a trovarla"
IO: "Lo so, ma l'oncologo mi aveva detto non prima di dieci giorni..."
CAPOREPARTO: "Invece poi abbiamo deciso che stamattina si potevano sistemare un po' di cosine in sospeso..."
IO: "E allora?"
CAPOREPARTO: "Lei adesso è fuori lista..."
IO: "Vuol dire che finirò... a quando?"
CAPOREPARTO: "Non ne ho idea, la chiameremo noi, veda di farsi trovare..."

GRRRRRR, DOPPIO E TRIPLO GRRRRR... mi sento un oggetto! Frequento quel posto da DUE anni, ho cercato di fraternizzare - o meglio di sorelleggiare - ho perfino portato un enorme vassoio di pasticcini per il personale infermieristico, non ai medici perché loro sono già al centro di una giungla fra piante e costosi bonsai (secondo me i bonsai sono un'esternazione di come si riduce psicologicamente un malato di cancro che dipende da un reparto del genere). GRRR, non cerco favoritismi, ma un minimo di partecipazione ai miei guai sì!!!!

Calma! Non sono un'isterica

Considerazioni:

1) Il port, da quanto ho letto, si può tenere fra i due e i tre anni. Ma lo stesso oncologo, nella penultima seduta, mi aveva detto che il port può comunque essere veicolo di infezioni, quindi è il caso di toglierlo quando non serve più.
2) Il port ha bisogno di manutenzione. Lo scopersi per caso, sempre leggendo. Ovvero ogni tre settimane bisogna farsi iniettare un siringone - credo - d'acqua distillata, per evitare coaguli di sangue, ma per questa semplice operazione occorre l'impegnativa del medico curante con fila a carico del paziente.
3) Quando dopo la prima chemio (quattro buchi per beccarmi una vena oltretutto fragile), un consulto fra infermiere e ongologo determinò che io avevo bisogno del port. A quando l'appuntamento (gratuito)? Vaghezza assoluta.
4) Se la vena si rompe durante la chemio sono cazzi acidi, nel vero senso della parola... perché il tessuto circostante viene necrotizzato. Accade quasi mai, ma l'armadietto di pronto intervento per questi casi l'ho visto... c'è scritto a chiare lettere.
5) Capirete che la vaghezza circa l'appuntamento dell'impianto del port mi ha fatto ricorrere ad una clinica privata che ha provveduto nel giro di due giorni in cambio di 1300 euro. Ed è stata dura estorcere la fattura!
6) Non sono allarmista... il port può restarsene qui con me... anche se rischio di tornare allo scocciante punto 2, ovvero la manutenzione (fra meno di due settimane)
7) Vorrei a breve andare a Roma ad un concerto, ma non so se posso comprare il biglietto e fissare l'albergo. E' incoraggiante per una che vorrebbe tornare a vivere?

In questi ultimi due mesi ho tralasciato altre cose di cui avrei voluto parlarvi, oltre alle mie logorroiche cadute di tristezza. Ma questa è una mailing, il diario invece è per me. Anche con annotazioni più gravi di queste in fatto di malasanità. Deduzioni, testimonianze, finanziamenti, silenzi, complicità... che merdaccia! Vera o sospetta che sia!

La massima di un mio amico che si è coerentemente defilato in base alla stessa è: "Quando un'assemblea (studentesca) è giunta alla fine, bisogna avere la determinazione di chiuderla, perché oltre quel limite tutte le parole sono inutili e noiose".

Sento di essere arrivata a quel limite.
Tronco qui la mailing e il blog.
Si torna alla normalità, ovvero solo risposte individuali.
Un GRAZIE enorme a tutti per le "ole", per il "tifo" e per i vostri pensieri positivi. Ai pochi rimasti a cuccarsi in differita la mia avventura.
Adriana, l'Amazzone... ora un po' stanca e provata.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Lo sa che il reparto che critica tanto conta circa 1000 pazienti all'anno? E se tutti i pazienti spegnessero il telefono come Lei come si potrebbe lavorare?