mercoledì 25 febbraio 2009

Torno a volare

Sì, sì, sì... oggi ho avuto un momento di esaltazione per il "flamenco" irlandese, seguito dallo scoramento nel momento in cui mi sono accorta che le date non coincidevano con l'obbligo-terapia.
Però da sabato scorso mi sento così bene nel mio ritrovato 80 per cento della forma, che ho superato l'inevitabile lacrimuccia e mi sono messa al pc per mettere a frutto il "buono Malta" regalatomi da Filippo. Mica è stato facile conciliare date, prezzi e itinerari, però mi sento fiera di un piccolo capolavoro.
Fino all'80 non sono mai uscita dall'Italia per vacanza, perché volevo conoscere al meglio il mio Paese (ma si potrebbe percorrelo per centinaia d'anni e ancora non si scoprirebbero tutte le sue bellezze). Verso la fine del '79 mi venne il ghiribizzo che nell'estate saremmo andati in Turchia, invece arrivò "al primo colpo senza protezione" - con grande gioia e fierezza da parte mia - il concepimento di Filippo. La vita ebbe una svolta prolungata dal voluto arrivo di Michele... per il quale sono bastati "due colpi senza protezione". Che corpaccio creativo ;-) e che tette! Prima delle gravidanze arrivavo sì e no alla seconda misura, poi sono esplose... e cadute. Ma non me ne fregava niente, era così bello prendermi in mano una tetta e sprizzare. Ho allattato Filippo per 13 mesi e Michele per 16. Non era l'allattare che mi dava fastidio, quanto l'impegno costante dovendo dribblarmi con gli orari di lavoro.
Ma che c'entra? Insomma mi era rimasta dentro questa voglia di Turchia, ma non so perché nei successivi anni di innumerevoli viaggi non l'ho soddisfatta. O forse lo so, ma non lo dico.
Arrivo al punto. Vado in Turchia. La voglia mi è rimasta e visto che vado a Malta, basta che faccio un altro saltino laterale, no? Amo Malta, ma mica può essere la meta di quello che resta della mia vita. Per il 2010, c'è il Costarica. Ma per il 2009 posso ancora pensare che il mondo sia più grande di Padova-Malta-Lignano.

ITINERARIO PADOVA-MALTA-ISTAMBUL

Ho già prenotato e pagato i voli, seguendo le rotte più economiche, ma senza scali.

sabato 16 maggio: Rayan Air da Treviso a Malta (10 euro)
giovedì 21 maggio-giovedì 28 maggio: Air Malta da Malta a Istambul e ritorno a Malta (248 euro)
sabato 30 maggio: Rayan Air (10 euro) da Malta a Treviso.

Alloggi a Malta: il British Hotel a Valletta merita la mia considerazione.

Alloggi a Istambul: sono in contatto per avere a 350 euro quelle noiosissime - ma funzionali - visite a Istambul 3 nights/4 days. E' un prezzo ottimo rtispetto al "fai da te". C'è la prospettiva di andare anche ad Efeso e Cappadocia. Scarto (forse) a priori la prenotazione, perché potrò averla se voglio, se me la sento.

Volooooooooooo

Adriana

lunedì 23 febbraio 2009

LA PAURA DEL CONTAGIO

Ok, ok...
Ma se state leggendo questa mail prima della precedente, avrete difficoltà a capire.
ok, ok... dicevo, in risposta alle vostre sollecitazioni che non possono che essere disinteressate, dal momento che non ho nulla per contraccambiare.
Forse ho sbagliato nella precedente mail a dire che avere il cancro non rende interessante. Sicuramente è passata la mia emergenza-cancro, ora sono in una routine non so per quanto, tipo assedio o guerra di trincea, voglio dire. Nell'una e nell'altra situazione si poteva restare impantanati per mesi ed anni... Ci pensarono - DOPO - scrittori e poeti a raccontarla. Ma nel frattempo - quelli sotto le mura o dentro le buche - mica avevano granché da raccontare, se non gli sporadici scontri. La mia preoccupazione di tediarvi è perché non vorrei omologarmi al media-sistema in cui la non-notizia diventa notizia.
L'unica variante del mio sguardo - rispetto a ciò che potete vedere voi - è che un cancro può accorciarti la vita, ma allungare la vista.
Si tende a rimuovere il passato, ignorare il futuro e concentrarsi sul presente. Ma non è che con questo si arriva all' "illuminazione", cioè a fottersene di tutti e di tutto.
Che vi posso dire? Ho passato un ottimo week end, con un pieno di energia che non sentivo da mesi. Sono riuscita a spostare mobili e ciarpame fino a riavere quella "stanza tutta per me", di cui parlava Virginia Wolf. La notte è stata emicrania e vomito.

IL DOLORE

Il dolore diventa un concetto molto relativo quando si ha il cancro, ovvero ci si aspetta il peggio. Tutto ti sembra meno di quanto potrebbe accaderti. Infatti mi sono stupita di quanto soffrissi per un mal di testa che non era dei peggiori. Poi mi sono resa conto che da un anno a questa parte non ho sofferto di grandi dolori, neppure mal di testa! L'unico dolore che ricordo - terribile - è stato quando sono uscita dalla sala operatoria, ma mezzora dopo mi hanno sedata. Quindi qualcosa di affrontabile. Il mal di testa dell'altra notte invece non mi dava tregua, perché gli antidolorifici se ne andavano con il vomito. L'avrei fronteggiato meglio una volta, ora mi sono accorta che tendevo a dire: "Anche questo?". Proibito, proibito! E' come una di quelle frasi negative che ti sfiorano dopo la diagnosi di cancro: "Perché proprio a me?". Perché - solo per onorare le statistiche - vorresti augurarlo a qualcun altro?
ISecondo me stiamo vivendo un periodo schizofrenico: più si insiste nei concetti positivi, più si attirano quelli negativi. La bontà diventa buonismo, la cattiveria è malvagità, la sofferenza moneta di scambio fra questi due poli.
In questo clima confuso è chiaro che se ti martellano concetti "new age" di vivere positivo e respingere il negativo, anche il cancro può sembrarti contagioso. Stai lontano dalle persone che ce l'hanno, così non ci pensi e non ti viene. Il cancro - secondo concetti energo-new age - se ti viene è perché il tuo corpo te l'ha dato come estremo rimedio alla scelleratezza di vita ;-))))))))))))))) fumo, alcol, rancori, sensi di colpa, aggressività repressa... Il cancro esiste come Dio, più asettico dell'Aids, però va ugualmente a punire i peccatori. Quelli con tutta quella negatività concentrata addosso... meglio evitarli. Peggio se si lagnano.
Hai la gioia di osservare dalla finestra di cucina uno scricciolo che si muove come un colibrì (perché non può essere un colibrì, veroooo??????) mangiucchiando le pigne. Ma poi vai al supermercato e incroci una persona...

LA PAURA DEL "CONTAGIO"

Lei è la madre di una mia collega al giornale. Con questa collega non c'era grande amicizia, ma si fumava una sigaretta insieme nella piazzetta sotto la redazione e si parlava non solo di lavoro, anche di quotidianità. La madre era stata segretaria quando io ero apprendista giornalista; mi stimava e mi era affezionata, tanto che quando ci incontravamo al supermercato mi fermava sempre - carrello contro carrello - a fare quattro chiacchiere, a dirmi quanto la figlia era sfruttata, ecc. La figlia non l'ho più sentita da quando ho lasciato il lavoro, la madre è capitato che la vedessi da lontano al supermercato, ma direi che sfuggiva. L'altro giorno, invece, nella corsia dei pelati è stato inevitabile trovarsi faccia a faccia. Ma lei ha detto solo ciao ed ha scantonato come se avesse il fuoco sotto i piedi, pur avendo un grave problema all'anca.

I VICINI

Fra le tante famiglie che mi abitano qui attorno, mi ha colpito in particolare una: il padre ha avuto un cancro in bocca, la madre un cancro al seno, la figlia maggiore anche. Ovviamente sanno ciò che mi sta capitando, ma a differenza di prima, quando ci incrociamo, non mi chiedono neppure come va. Ciao, ciao.

Capirei se io fossi la persona lagnosa che se solo chiedi "Come va?" ti sbatte in mano una cartella clinica, ma vi sembra il mio caso?
Ho citato due esempi, ma potrei portarvene molti altri... che comunque non mi rattristano, ma mi danno da pensare. Questo sì. Non mi piacciono le persone che per esorcizzare le proprie malattie evitano i malati o peggio li colpevolizzano.

Un abbraccio a chi non teme il contagio ;-)))))))))))))

Adriana

la malattia non rende più interessanti

Tutti ci si ammala. Tutti si muore. Passiamo la nostra vita a raccontare della prima e ad ignorare la seconda. Poi accade che le due cose possano coincidere. Allora cambia la prospettiva - se c'è il tempo - e si arriva all'essenziale.
Sono contenta della mia "cultura da cronista", perché mi permette di non indulgere nelle seghe mentali. Ovvio che come tutti me le faccio, ma questo non significa dare loro uno spessore da divulgarle in mailing.
Avere un cancro significa un percorso lungo e monotono nelle terapie, per mesi e anni. Significa anche non avere alcuna certezza nella "disinfestazione" dello stesso. Significa non rendersi protagonisti per una cosa tanto comune.
Vi abbraccio
Adriana

venerdì 20 febbraio 2009

Buon compleanno







Carissimi, ieri ne ho fatti 59 :-) E' il secondo compleanno che mi sorprende a letto a causa delle terapie: ma quest'anno non volevo proprio che si ripetesse. Così verso sera mi sono alzata ed è finita in... festa. C'erano infatti i figli con due loro amici, era venuto a coccolarmi il colonnello Piazza, così abbiamo ordinato a domicilio pizza e kebab. Come dessert, una deliziosa torta al cioccolato (nella foto) fatta dalla Dani venuta a farmi gli auguri in mattinata. Ringrazio anche per i fiori tutti gli altri. Mi fate veramente sentire una persona fortunata.
Mio figlio Michele mi ha regalato una ricca provvista di libri e videocassette, mentre Filippo in una busta con scritto "Best mom ever" (La miglior mamma sempre) mi ha fatto trovare un "buono" per una settimana a Malta :-)))))))))))))))

Grazie, grazie, grazie per l'energia che mi trasmettete.
Oggi niente letto: esco e vado a fare la spesa.

NOTA A MARGINE

Martedì sono stata all'ospedale per la terapia (6 ore).
Colpo di fortuna: ho solo due persone davanti a me per la visita. Calcolo che l'attesa sarà di almeno mezzora, quindi scendo per prendere un té, visto che salterò il pranzo. Quando torno agli ascensori scopro che sono rotti: sei piani di scale? Naaaaaaa, proprio non me la sento. Riesco a scovare un altro ascensore, comunque fra una una cosa e l'altra non passano più di 20 minuti, ma quando arrivo in reparto mi dicono che ero già stata chiamata. Mi scuso e mi siedo ad aspettare, supponendo che enterò dall'oncologo appena uscita la paziente che ha preso il mio posto. Dopo 40 minuti vado a chiedere se si sono dimenticati di me. "Ma lei non c'era, - mi risponde l'infermiera - quindi ora dovrà aspettare quelli prima di lei". Insomma ero stata messa alla fine della coda! Che intransigenza! "La prossima volta non mi permetterò neanche di andare al gabinetto" ho ribattutto. Protestare? Figurarsi! Gli altri pazienti, ben lungi dal cedermi il posto, avrebbero dato ragione all'infermiera... Infatti uno ha mugugnato: "E' da maleducati non farsi trovare quando si viene chiamati...". L'ho ignorato, temendo di scatenare una rissa. Ho aspettato per un'altra ora e mezza! Ma sono io ad avere una visione distorta o, come vado scrivendo in questa mailing, stiamo sprofondando nell'inciviltà?
Un abbraccio
Adriana






mercoledì 11 febbraio 2009

Il letargo dell'Orsa

Carissimi
so che chi mi telefona trova spesso i telefoni muti, o che sono in arretrato con le risposte alle mail, ma passo le giornate cercando di ridurre al minimo lo spreco di energie. Cerco ancora di stare molto attenta a non confondere oggettiva stanchezza con pigrizia, ma mi accorgo che sono sempre più costretta a "dosarmi". Diciamo che lo spirito è forte - nel senso che la mente continua ad elaborare progetti - ma la carne è debole, perché la mia capacità di fare una miriade di cose in una giornata è decisamente crollata. Testa e corpo mi pesano come zavorra e questo forzato processo di adattamento verso il basso mi spaventa non poco. Sarà o no reversibile? Perché sto peggio ora rispetto a tre o sei mesi fa? E' solo l'effetto temporaneo dei farmaci o il mio corpo si è preso una tale batosta che lo ha messo in pari con l'età anagrafica (59 anni il 19 febbraio!) rispetto alla relativa impunità del tempo di cui godeva prima? Non capisco se vivo fra le contraddizioni o le conferme. Vado in palestra, ma per alzarmi dal divano mi devo puntellare; il "termostato" del mio corpo è completamente impazzito; mi andrebbe di viaggiare, ma poi sono bloccata da questa terapia da fare ogni tre settimane (infatti martedì prossimo è già ora della terza) e vedo che non riesco a recuperare in modo decente fra l'una e l'altra; avrei voglia di compagnia, ma nello stesso tempo temo di non reggerla... e via a forza di vorrei ma non ce la faccio... Frustrante, molto frustrante.
Ma non voglio farmi soggiogare da questi pensieri: preferisco pensarmi come un'orsa all'avvicinarsi della primavera, quando il letargo si trasforma in dormiveglia e il corpo smagrito preferirebbe continuare ad autoalimentarsi, piuttosto che lanciarsi nella caccia di cibo. Con il pelo opaco e consumato, l'orsa apre un'occhio verso l'uscita della caverna in cui si è cacciata e sente che dovrà squotersi dal torpore o restare lì mummificata. Apre anche l'altro occhio e comincia a lacrimare, perché già non è più abituata a quella poca luce che filtra da laggiù. Si rigira su un fianco e la buia parete la rassicura... potrebbe anche riappisolarsi, se non fosse che le si sono drizzate le orecchie. Quanto casino riesce a fare un pipistrello che sonnecchia, pure il ragno sembra aver messo il turbo solo per tessere la tela... ah no, guarda. Il ragno è silenzioso, è la mosca che fa un gran casino. Ma è già ora di mosche in questa grotta? E cos'è quest'aria che entra e arruffa il pelo?
Stasera stavo guardando in tv quel gioco a quiz "Il milionario". La domanda era di chi fra, pur ampiamente citati nei Vangeli, Erode, Tommaso apostolo, Giuda e Lazzaro, non viene riportata alcuna parola. Lazzaro, naturalmente. E un concorrente l'ha pure fatto notare: ti pare che uno appena resuscitato trova anche la forza di parlare? Voglio dire, è la stessa cosa con l'Orsa. Se ne stava tutta lì beata in letargo e ad un tratto luci, suoni, languore di stomaco la richiamano ai doveri della vita. Potrà ben avere i suoi cinque minuti di incazzatura, no?, e dire: "Ma chi me lo fa fare?". L'inverno l'ha sbudellata, il digiuno le ha mangiato i muscoli, l'immobilità prosciugato l'olio delle giunture, gli unghioni rammolliti dall'umidità, i vecchi calli mezzo scrostati, la testa in sogno si è persa nelle scorrerie delle altre estati... "Alzati Orsa e cammina" le dice una voce. E così esce dall'inedia del suo eremitaggio, barcollando sulle zampe che sembrano non fare più presa, infrangendo col naso le ragnatele e fiutando l'aria... Che schifo l'idea di doversela sfangare per altri nove mesi e prendersi magari un'impallinata nel culo che pone fine a tutto. In tal caso, in quanto Orsa, avrà la consolazione post mortem di sentir dire: "Che bell'esemplare", ma non "Era solare!" (GRRRR).
Le mezze stagioni non solo esistono, ma neppure sono uguali: Estate trova difficoltà ad arrendersi ad Autunno, se non sfoderando rumorosi temporali; Autunno si acquieta con brevi intemperanze nelle braccia di Inverno; il Generale Inverno non cederebbe a nessuno un palmo del suo Status; per questo lo scontro più feroce e imprevedibile nei tempi è fra lui e Primavera. Non c'è maggiore ostinazione nel farsi valere di chi conosce il sapore della sconfitta. Noi umani cerchiamo di gestire le intemperanze del Generale, l'Orsa se la batte. Importante è sapere che non è una lotteria, dove vincono in pochi: Primavera subentrerà sempre, magari ansiosa, disfatta, scarmigliata...
Ma, una decina di giorni fa, erano come sempre fioriti i mandorli fra i templi della piana di Agrigento. Nella mia testa il progetto: in treno fino a Prato (Fi) per vedere il Dragone del Capodanno cinese; da Firenze in Sicilia in aereo per godermi la Festa del Mandorlo in Fiore; da Agrigento a Malta per tornare in questo ombelico del Mediterraneo. Invece no, come sul filo fra notte e alba, esattamente come l'Orsa, è un momento in cui sento il bisogno di sgranchirmi, di riavere un "termostato" affidabile, di riaffrontare Primavera.
Tutto sommato non sono Lazzaro, sono ancora senza fiato e già ho scritto troppo.
Un abbraccio
Adriana

venerdì 6 febbraio 2009


Carissimi
non sono ancora in forma all'80 per cento come il mio "ricco" standard mi aveva abituato, fra alti e bassi dall'inizio della mia malattia. Ma direi che sono risalita dal 30-40 al 60, rispetto ai giorni scorsi. Troppo poco per concedermi di andare al Capodanno cinese di Prato (Firenze), come avevo programmato per questo week end, ma abbastanza per concedermi una serata a teatro. Domani, sabato, smaltirò la fatica con la frustrante spola fra letto e divano, o magari che so... le mie quote azionarie-benessere avranno un balzo in avanti, ma l'importante è che stasera mi sono sentita nuovamente al mondo. Del resto, come fa il flamenco a non tirarti fuori le viscere? Tanto per non dire sempre palle! L'energia del flamenco è pranoterapeutica, tanto per tenere il filo con l'ultimo argomento. E poi, non è proprio dei bambini pestare i piedi quando qualcosa diventa esplosivamente da esprimere? Ma non è stato uno spettacolo così "primordiale", bensì una raffinata trascrizione del Don Chisciotte per flamenco e ballo moderno. Il flamenco nella tragicità assordante del presente, il ballo moderno nel soft fantastico di musica classica. Questo Don Chisciotte mi è piaciuto da impazzire proprio perché confonde gli schemi. E' più alienante pestare i piedi o abbandonarsi al sogno?
Io ho grande affetto per la professionalità e la personalità di Marta, quindi sono parziale: quanto ha vissuto, anche con piccoli gesti esclusivi e spontanei, la scena monopolizzata da altri!
Grazie Marta, anche tu mi hai fatto un dono di energia.
Abbraccione
Adriana


PS: Quella che vi ho inviato non è una foto di repertorio. E' Marta che si era già cambiata all'uscita del camerino nel tempo che io fumavo una sigaretta! Pare che in teatro non si potessero scattare foto. Né io avevo voglia di imbarcarmi in queste discussioni, anche se il tesserino di giornalista mi avrebbe assolta. Ecco perché sono al 60 per cento ;-)
Rinnovo l'abbraccio
Adriana


Pranoterapia, una brava massaia

Era verso la fine di settembre, quando ancora impregnata di mare e di scoiattoli avrei potuto credere anche alla fata turchina. Ma il consiglio di recarmi dal pranoterapista Andrea non lo accettai perché predisposta ad una personale suggestione, bensì incuriosita dal fatto che mi venisse dato proprio da un medico "ortodosso", specialista in un ospedale della provincia veneta. Il secondo motivo per cui fissai l'appuntamento (tre mesi di attesa) è che Andrea esercita a mezz'ora da Padova. Il terzo è che chiede 30 euro a visita, quindi valeva la pena di togliersi una curiosità.
Ci sono andata ai primi di dicembre. Era questo uno dei due argomenti su cui vi scrivevo di non mi sentirmi pronta a parlarvi, sia per pudore, sia perché sentivo di dover maturare le riflessioni.
L'appuntamento è stato preso insieme al nostro amico Fernando, quindi lui, se lo riterrà, potrà darvi impressioni con un'altra angolazione dalle mie.

Lo studio con targa di ottone "Andrea pranoterapeuta" è in un moderno edificio: ampia sala d'attesa con 20 posti a sedere, stanza di segretria, due salette di ricevimento, due di terapia, un ripostiglio, bagno attrezzato anche per portatori di handicap. Colori predominanti nel sobrio ma legante arredamento il bianco e il nero, musica "colta" in sottofondo. Le pareti della sala d'attesa e tutto il corridoio fino al bagno sono scandite da sobrie foto trenta per trenta, tutte in bianco e nero, in cornice nera. Tutta una in fila all'altra e tutte con Andrea familiarmente insieme, cioè tete a tete, ad arcinote persone della politica, dello spettacolo e del clero.
Sul tavolo della sala d'attesa un librone alto venti centimetri con lettere di ringraziamento e di stima, nonché certificazioni di medici e ospedali vari, insieme a qualche articolo di stampa.
I posti sono tutti occupati, l'attesa snervante, quindi il librone me lo sfoglio e lo leggo con attenzione: sono tutti attestati o di estremi miglioramenti o di complete guarigioni.

Andrea, 50 anni direi, scoprì le sue capacità di pranoterapeuta quando uscì da un coma provocato da un incidente stradale, più altre esperienze che per brevità tralascio.

Finalmente è il mio turno. Entro e mi sdraio sul lettino. Andrea ha l'aspetto cordiale e simpatico del salumaio di fiducia, o dell'edicolante sempre pronto alla battuta. Insomma, non si atteggia a quello che non può sembrare. Si siede accanto a me, mi prende una mano e mi fa in effetti una "radiografia", comprese un paio di dritte su disturbi dei miei figli. E io muta come un sasso, perché mica gli voglio dare indizi. Bella sciarpona, anzi, per mascherare la tetta mancante.
Che potevo dirvi allora? Sbalordita no, impressionata sì. Non posso dire che ci abbia azzeccato in tutto, ma certo era come uno che si muoveva nella nebbia con un grosso faro, quindi a pestare merde non ci è mai arrivato, anche se è risalito dai miei piedi alla testa elencandomi tutte le magagne, compreso il piccolissimo nodulo che ancora ho al seno destro.
"Se vuoi - mi ha detto - di posso dare una mano, vieni magari un altro paio di volte a distanza di un mese".

Devo dire che non si spaccia per guaritore, ma come coadiuvante nel seguire i pazienti a cui raccomanda analisi (nel caso scopra qualcosa di insospettato) o comunque di farsi seguire dalle strutture mediche se è il caso.

Oggi ci sono tornata. Parole ancora meno della prima volta. "Mi sento uno straccio". "Le cure che fai sono pesanti, ora cerco di darti un po' di energia in modo da superarle". Una mano sulla fronte e sul petto per una decina di minuti. Fine.

Sono uscita che mi sentivo peggio di prima. Forse mi pesava il suo silenzio che mi sembrava: "Capiamoci, cerco di aiutarti come posso, niente di più nel tuo caso". Un atteggiamento onesto.

Al mio ritorno a casa avevo già deciso di lasciar perdere Andrea e mi sono infilata a letto. Quando mi sono svegliata, qualcosa era cambiato. Non tanto, ma almeno non avevo quella piccola febbre persecutoria e sono riuscita a preparare la cena senza vedere l'ora di accasciarmi sul divano.

CONSIDERAZIONI

Essendomi occupata di medicina cinese (o orientale), meditazione e Tai Chi, sono convinta che l' "energia" governi il nostro corpo. Sono altresì convinta che non si possa fare a meno della medicina occidentale, ma che le due conoscenze adeguatamente integrate portino solo vantaggi.
E che c'entra con questo la pranoterapia? Ci sono persone che, come le brave massaie fanno con la casa, riescono a tenere in perfetto ordine il corpo: spolverano anche gli angoli più nascosti, sturano i lavandini, fanno risplendere i vetri, ecc. ovviamente sanno anche riparare le piccole magagne, in modo che l'incuria non arrivi al degrado. Penso che Andrea faccia questa manutenzione generale, ma che ti avverta se è proprio dell'elettricista che hai bisogno. Ma non può certo farti tornare a nuovo un divano da buttare... Tuttavia una casa, anche se malconcia per qualche crepa, quando è pulita e ordinata è meno attaccabile da muffe, batteri e quant'altro... Gira aria nuova, entra il sole, non stagna la polvere... Forse bisogna intendere così - senza limiti preconcettuali e senza false aspettative - l'azione di un buon pranoterapeuta.
Vi terrò aggiornati, perché voglio vedere che succede il mese prossimo.
Un abbraccio
Adriana

Buon compleanno

Buon compleanno cancro mio.
Erano circa le 9 di mattina di un anno fa, quando mi sono svegliata col seno sinistro gonfio, bollente e vagamente dolorante. Anche esteticamente bello (e chi se la sognava più una tetta così soda?), se non avessi sospettato che si trattava di qualcosa di brutto. Il resto è storia nota: una relazione molto burrascosa, ma da cui si può uscire arricchiti... che parola scontata! Meglio dire che si diventa meno scontati, più essenziali e concreti. Ma ovviamente non basta un anno per fare un percorso così importante, nemmeno la lunghezza comunemente intesa di una vita; figurarsi poi se questo inflessibile Maestro decide a proprio arbitrio di porre fine all'insegnamento.
Ma oggi non voglio che sia giorno di introspezioni, delle quali mi sto accorgendo di abusare da qualche tempo a questa parte. Né voglio tuttavia che tale giorno sia assimilato all'uniformità degli altri.
Il "segno" più consono che ho trovato è in questo brano tratto da "Le metamorfosi" di Apuleio. E' un romanzo (consigliatomi da mio figlio Michele) estremamente moderno, divertente, con suspence e linguaggio sciolto, quindi non fatevi fuorviare da ciò che vi trascrivo, perché appare nel finale, ma non svela né l'esito, né è indicativo dello stile di lettura-scrittura.
L'ho intitolato arbitrariamente, solo per dare l'dea a chi viene rivolta la supplica estrema, e l'ho messo in forma di prece, anche se di fatto è in prosa, ma non ho alterato praticamente nulla.

PREGHIERA ALLA LUNA

"Tu che con questa luce femminile
rischiari le mura di ogni città
e con il tuo umido calore
nutri le feconde sementi;
Tu che nel ciclo
dei tuoi moti solitari
spargi ovunque il tuo incerto bagliore,
con qualunque nome,
con qualunque rito,
sotto qualunque aspetto,
sia lecito invocarti.
Ti prego soccorrimi infine
nel momento estremo
della mia sventura,
risolleva il mio destino in miseria,
concedi una tregua e la pace
ai casi crudeli che ho patito.
Basta sofferenze, basta pericoli!
Fa' sparire il volto orrendo della bestia,
restituiscimi alla vista dei miei cari
e a quella di me stessa.
E, se poi è qualche dio offeso a perseguitarmi
con crudeltà implacabile,
mi sia almeno concessa una buona morte,
se non mi è dato di vivere".

Grazie caro Apuleio (attorno ai 125 anni d.c.)

Adriana

Ormoni a spasso

Carissimi
vi accorgerete che sono "scompaginata". Sono perfino diventata logorroica. Laura mi giustamente detto, anche se scherzando, che deve prendersi un giorno di ferie per leggere le mie mail. Quando inizio a scrivere è mia intenzione attenermi ai fatti, anzi tutto era nato per dare brevi informazioni essenziali sulla mia salute, invece piano piano si sono aperte crepe nella mia diga. Il "bollettino medico" è diventato più personale. Dapprima le descrizioni o i dialoghi servivano a cornice di ciò che accadeva, poi progressivamente mi sono resa conta che l'accadere era contestuale al vissuto, al sentito. Il rischio, ovviamente, sono sempre le "seghe mentali". Ognuno ha il diritto di farsele, ma perché infliggerne la lettura in base al fatto che sono goiustificate da "una che ha il cancro"?
Sotto Natale ero così confusa che avevo deciso di imprimere alla mailing una svolta, ovvero sdoppiarla: "bollettino medico" con note di colore come quando era partita; "bollettino mentale" con i miei momenti di confusione per me stessa. Ma mi accorgo che non riesco più a districare le due cose. Così, da brava giornalista, mi trovo ogni volta a dovermi chiedere: dov'è la notizia? a quanti può interessare? può essere capito un argomento che parte dalla banalità per diventare momento di riflessione?
In mezzo a questo marasma, un'unica certezza: non ho dubbi sui fatti, ma sulla mia lucidità sì! E neppure capisco questa esigenza - mai avuta - di rendere partecipi gli altri, il che si traduce in un "Ditemi che non sto dando fuori da matto!" a causa di un cambio di prospettiva iniziato circa un anno fa. Ma quanto velocemente si può cambiare in così breve tempo? Quanto ci si può perdere in questo processo? Quale il prezzo? Io che leggo così tanto, ora mi rendo conto al microgrammo di ciascuna pagina che viene girata, sia in avanti che indietro. La vita - anche la più infima - è un libro. Ma noi - per nostra stessa natura - leggiamo quegli degli altri nell'ottica con cui scriviamo quello personale. Nel bene e nel male. In questo modo, giriamo pagine non solo del nostro libro, ma sfogliamo anche quelle degli altri. E' questa la Babele? Non un problema di lingua, ma di interferenza? Tirare pugni sul tv che a tratti non mostra più immagin, ma nebbia? E sentirsi gratificati nel momento in cui la Babele viene sconfitta dallo standard? Ma è lo stesso standard che poi nutre il tornare della Babele.
E' così che ci si incasina. E allora - in questo gran movimento - suggerisco a me stessa di fermarmi al primo crocicchio di sentiero e dire: PAUSA, abbandonando al peso gravitazionale anche le natiche, oltre al cervello. Così, così farei, se avessi solo il cancro.
Si sta dando una visione distorta del cancro, da quando si è capito che in qualche modo lo si può fronteggiare. La medicina ha fatto due sezioni: curare il cancro in modo chirurgico-farmacologico; convincere il paziente che il problema è anche psicologico. Secondo me, manca una terza voce: quella degli effetti secondari relativamente al bombardamento farmacologico. In questo caso, si contempla ciò che può accadere a livello fisico (chi più ne ha più ne metta solo a tutela delle case farmaceutiche), oppure fisico-mentale (cito solo ad esempi: disturbi del sonno, irritabilità, stanchezza, ecc.).
Cancro, farmaci, problemi psicologici... ognuna di queste voci prese a sé, vi assicuro che è fronteggiabile. 1 più 1 più 1 fa sicuramente 3. I conti dovrebbero tornare con certezza matematica. Invece no. Interviene la "variabile impazzita" che, in quanto riferita al sistema biochimico dell'individuo e non della persona, somme e sottrazioni non tornano più. O stai zitta, o se le sollevi comportano il rischio di farti sentire anche peggio, perché non omologata nel prontuario.
Potrei allargare le mie deduzioni al cancro in generale, maschile e femminile, ma preferisco attenermi al MIO, o a quelli tipicamente femminili, in cui gli ormoni giocano un grosso ruolo. Credo anche per i maschi, ma ora stiamo parlando di donne.
Tuttavia le generalizzazioni sono perniciose all'informazione.

ALLE DONNE

Quindi parliamo di me, Adriana.
Ho superato la chemio prima e dopo l'intervento, nonché la radioterapia. Erano mazzate al mio corpo, ma temporanee, senza potere di modifiche permanenti o comunque non superabili nel tempo. Ancora almeno per un anno dovrò sottostare al cecchino Erceptyn che spara sulle metastasi. E anche quello non è diverso dagli altri che fiaccano il corpo, ma non lo spirito.
Da oltre 5 mesi, invece, sto prendendo il Femara, che ha il compito di bloccarmi la produzione di estrogeni. E lo dovrò prendere per 5 anni. E' giusto dal punto di vista terapeutico, ma è una tempesta per quanto "MI" riguarda.
Talvolta mi piace coniare aforismi, fra cui: "Bisogna prepararsi da giovani a diventare vecchi". Ciò implica TEMPO, per gli adattamenti. Invece 5 mesi di Femara mi stanno facendo sentire più vecchia di dieci anni. No, attenzione! Non ciò che si vede, ma ciò che si sente!
Io avevo già avuto la mia menopausa, vissuta con equilibrio nelle sue ovvie e naturali manifestazioni.
Invece il Femara mi travolge come se fossi in preda alla cocaina, con sbalzi di umore che non mi appartengono.
Non riesco più a capire se è Adriana che pensa o è il l'improvvisa e brutale mancanza di estrogeni indotta dal Femara.
Vi ricordate quando dicevo: "Bisogna saper distinguere tra la pigrizia del corpo, le sue necessità, e il loro superamento"?. Ora non mi torna più niente.

Vi abbraccio
Adriana