giovedì 16 ottobre 2008

Ho un cuore sghignazzante

Carissimi
avete presente quella "faccina" (emoticon) che sghignazza con la linguetta fuori ad un lato della bocca? Ebbene il mio cuore - se preso con una certa inquadratura - è proprio così: faccia tonda tonda, due enormi cavità scure che fanno da occhi, un'altra come bocca e a "slinguettare" molto rapidamente è la valvola mitrale. Così mi è apparso ieri sul monitor mentre facevo l'eco color doppler. Mi sarei messa a mia volta sghignazzare, ma dovevo stare zitta e respirare normalmente onde non alterare le immagini. Ho cercato di mettere a parte della mia ilare scoperta, il dottor Trivellato, Mario per me e gli altri amici che l'hanno conosciuto alle mie feste di Natale, ma lui ovviamente - da esperto cardiologo - ha una visuale del tutto diversa.
Tanto per stare sulla notizia, il mio cuore sarà anche sghignazzante, ma sta benissimo. Quindi potrò affrontare la radio in tutta tranquillità.
Siccome tra i lettori di questa mailing c'è anche Mario Trivellato, racconterò il gustoso antefatto alla visita cardiologica di ieri. Avevo appuntamento per le 11.45 al Servizio di Cardiologia dell'Usl 16 diretto da Trivellato e intendevo essere puntuale sia perché lo sono per natura, sia perché alle 13 dovevo essere all'altro capo della città per sottopormi alla densitometria ossea. Sono partita da casa con ampio anticipo, per evitare di angosciarmi nella difficile ricerca di un parcheggio. Trovarlo, infatti, non è stato facile. Scendo dalla Mini e mi avvio al parcometro, ma dopo due passi sento la calza autoreggente della gamba sinistra abbandonare l'aderenza e scendere al ginocchio, ovvero in bella vista, dal momento che avevo una gonna a due palmi sopra ad esso.
Nota per i maschietti: capita che le calze autoreggenti non "reggano" se si ha la pelle troppo asciutta, ma basta spalmare un po' di crema sulla coscia e tutto torna a posto. Né stupitevi se metto le calze autoreggenti per andare ad una visita medica: non è un intento di seduzione (queste poi erano marroni e a trama fitta), solo che i collant mi danno un fastidio tremendo, anche in inverno!
Insomma mi ritrovo lì in una stradina deserta nella periferia del centro storico, senza un briciolo di crema a portata di mano e ad una discreta distanza dalla meta. Naturalmente i tentativi di rimettere a posto la calza che scendeva inesorabile ad ogni passo era tremendamente imbarazzante, seppure seduttivo per i passanti. Riguadagno finalmente la Mini e mi metto a frugare freneticamente nel cruscotto, dove scovo (o meraviglia!) un elastico che infilo subito fino alla coscia. Ma dopo tre passi, invece di uno, la calza è nuovamente al ginocchio. Nell'anfratto di un portone mi metto a fare nodi su nodi per stringere ulteriormente l'elastico che riuscirà senz'altro a bloccarmi la circolazione, ma non a tenere su la calza, come avrò modo di constatare nel giro di un minuto. Intanto i minuti passano inesorabili. Come faccio a presentarmi in queste condizioni? Non sembro più una sessantenne biricchina che porta bene la sua età, ma una sessantenne debosciata! Finalmente sbuco su una via un po' più centrale (via Beato Pellegrino), ma più caratterizzata da negozi di artigianato che di profumerie... Mi serve una cremaaaaa! Altro che Isola dei Famosi, formulo le ipotesi più improbabili: potrei entrare in un bar e chiedere del burro (ma che penseranno?), potrei ordinare un caffé, andare in bagno con la bustina di zucchero, miscelarlo con l'acqua e sperare di rendermi la coscia appiccicosa quel tanto da tenere su la calza; potrei entrare dal parrucchiere e comprare del balsamo per capelli, ma mi sa che mi rende ancora più scivolosa... Aahaha, finalmente un negozietto di alimentari: è talmente stretto che passo di misura dietro i clienti al bancone, così almeno nessuno nota la mia calza al ginocchio. Raggiungo una mensola con qualche detersivo polveroso, ma non c'è traccia di nessuna crema, manco per mobili, men che meno per le mani! Esco disperata, anche perché la strada sta finendo e poiché sbocca su una grossa arteria, non troverò più traccia di negozi. Ed ecco il miracolo: a soli cento metri dalla mia meta, vedo un'erboristeria. Arraffo una crema qualunque che sarei disposta a pagare oro, esco, mi metto dietro un cassonetto delle immondizie e incremo la coscia, la cui calza aderisce ora perfettamente. Proprio in quel momento mi squilla il cel. E' Trivellato: vuole assicurarsi che sarò puntale. Arrivo che spacco il minuto e... per forza mi scopro il cuore che sghignazza.

E ora, per "par condicio" nei confronti dei tanti medici e operatori sanitari che sto frequentando e di cui narro, voglio spendere qualche parola anche sul dottor Mario Trivellato che dirige un reparto davvero modello per efficienza e cortesia del personale. Ma Mario non è "banalmente" un cardiologo - per quanto bravo - bensì un cardiologo che mette, senza metafore, "tutto se stesso" nella sua professione. Nel senso che usa il proprio cuore per bizzarri esperimenti, quale - fra gli altri - monitorarsi in un lancio col paracadute, esercizio mai praticato prima (né dopo). Ed ha 66 anni, mica è di primo pelo. Non basta, ieri ho scoperto che lo scorso settembre si è buttato nel vuoto dal ponte più alto d'Europa, quello di Enego sulla strada che porta ad Asiago: 175 metri d'altezza. Legato ad un elastico da bungee-jumping lungo 41,5 metri di lunghezza, Mario ha fatto un salto da 165 metri in totale, con primo rimbalzo a 120 metri. "Ma perché l'hai fatto?" gli ho chiesto, riservandomi di leggere più tardi l'articolo che parlava di questa prodezza. "Per capire come il cuore reagisce alla paura" mi ha risposto candidamente. Mario, a quando il cammino sulle braci ardenti? Da tutti noi che abbiamo un cuore, grazie per il tuo impagabile entusiasmo.

Un abbraccio
Adriana

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