domenica 22 novembre 2009

Parole crociate

Carissimi
continuo la mail che ho interrotto l'altra sera.
Stanotte ho dormito profondamente e mi sento un po' meglio, anche dal punto di vista del morale.
Riprendo il racconto ma, possibilmente, senza tante seghe mentali.

ONCOLOGO TARTARUGA

Udite, udite. Per la prima volta in quasi due anni, dopo la visita mi ha congedato con una stretta di mano e abbozzando un sorriso. Un trionfo! Mi sono sentita una "gutta cavat lapidem".
In realtà non gli ho mai fatto una colpa per il fatto di negare quella piccola forma di cortesia, perché pensavo fosse una forma di igiene e forse anche di indolenzimento dell'arto, visto che ogni mezz'ora riceve un paziente. E' anche vero però che ora, quando viene a chiamare il numero assegnato di volta in volta a noi sfigati, dà segno di riconoscermi, anche se ancora non abbozza un saluto.

Una volta nel suo studio gli ho mostrato gli esiti della radiografia ossea e dell'ecografia addominale. Lui si è messo diligentemente a copiare i referti nella mia ormai voluminosa cartella clinica. Ancora una volta mi chiedo: perché su carta? Li riporterà dopo sul pc dove sono più facilmente consultabili o trasmissibili per un consulto? O no? Insondabile metodo di lavoro! Temo che non mi avrebbe detto niente - nel suo consueto, sepolcrale silenzio - se io non avessi chiesto: "Sembrano buoni, no?". "Sì, davvero buoni" mi ha risposto senza alzare la testa. GRRR, esigo un minimo di gratificazione! quindi aggiungo: "Potrei figurare nel vostro medagliere...". Annuisce alla mia "spiritosaggine", ma perché ho la sensazione di essere Cappuccetto Rosso, alla quale il Lupo Cattivo dice: "Vieni vieni bambina che il bello succederà dopo?".
Ma perché quest'oncologo si appiattisce in uno stato di ineluttabilità che deprimerebbe anche la festa di compleanno di una novantenne? Mica puoi fare la festa di compleanno di una novantenne pensando che potrebbe morirti il giorno dopo!

Lo guardo quest'oncologo per la... grosso modo... trentesima volta in due anni e riscontro ancora quella sua espressione da piccola tartaruga dentro un acquario... Accidenti, ora capisco! Ecco perché talvolta nei miei sogni compaiono queste tartarughine che mi inquietano tanto, pur avendo avuto io stessa tartarughe. Peggio, roba da psicanalisi, quando il mio cancro si è evidenziato - dalla sera alla mattina - l'avevo subito definito a guscio di tartaruga, perché il seno era coperto da una piastra concava sopra e molle sotto. Potevo perfino sentire i bordi!
Però non sono così fuori di "seno", da non accorgermi che lui sembra davvero una tartaruga... così lento, indifferente, meticoloso nel masticare anche solo una foglia di insalata, protetto dalla corrazza.
"Come sta?"
Mi verrebbe da rispondere: "Da Dio!", tanto per vederlo reagire positivamente. Ma l'unico argomento che l'appassiona (?) è l'andamento dell' influenza "Topo Gigio", contro la quale ha deciso di non vaccinarsi. Quindi lo incalzo: "Mio figlio ha avuto l'influenza, io no. E lei?". "Io un grande raffreddore che spero mi metta al sicuro di avere l'influenza normale".
Usssignooor, ma dove sono? Una diagnosi fra raffreddore e influenza si può avere? Ma che vado ad elucubrare? Tre settimane fa giravano mascherine (ricordate che l'avevo detto?), ora sono già optional.

Mi permetto di aggiungere: "Però non sto così bene... da un paio di settimane a questa parte, e potrei dire che è uguale ad un anno fa quando ho cominciato a prendere il Femara (killer di estrogeni) cioè sembro entrata in una terza menopausa (che palle!) con deficit fisico e psichico". Lui tende il collo grinzoso verso di me e sembra trasgredire al "corsetto" della corrazza. Dice: "La Natura ha le proprie esigenze, cerca sempre di recuperare ciò che le viene sottratto. Probabilmente il suo corpo si sta ribellando al Femara".
Bravo Tartaruga, sto ancora in guerra. Io sono un'amazzone, ma tu quando diventerai Ninja?

POSTAZIONE INFERMIERE

Con qualcuna stiamo socializzando... mi salutano con cordialità e si ricordano il mio nome... rispondono ridendo alle mie battute... A un paio, nella saletta dove mi infilano l'ago del port (quindi senza frustrare altri pazienti), ho confidato che sono ... a termine, nel senso positivo.
Onestamente mi sarebbe piaciuto un bacio sulla guancia e sentirmi dire: "Bravaaaaa". Invece mi hanno rivolto un sorriso di convenienza, senza nessuna parola di congratulazione. Mi sono sentita a disagio, come un animale che, sfuggito da una trappola, sa che incapperà in un'altra e fa anche la figura della deficente per non saperlo.
Mentre ero sotto flebo è arrivata anche la psicologa volontaria (ve la ricordate?).
La "pera" di Valium che mi fanno prima del farmaco potrebbe farmi pisolare, ma il casino è troppo intorno a me. Leggere è faticoso perchè non riesco a tenere il filo, le parole sembrano staccate le une dalle altre. Cerco di passare il tempo facendo parole crociate, almeno quelle sono una per volta, e tanto per non soccombere alle idiozie dei discorsi e della tv. Potrei portarmi Ipod, ma - sotto Valium - ogni suono mi sembra irritabile.
E' tornata quella con una bellissima parrucca di lunghi vcapelli, ma che sta morendo di anoressia... non di cancro, secondo me. C'era una che stava a cuccarsi sacche di sangue per quattro ore, più intervalli per "digerire". C'è quella con la coperta di cashimere e il marito che controlla goccia a goccia la flebo, ecc.
Ci sono i maschi, ovviamente. Completamente prostrati, al limite dell'inconsapevole. Si rianimano solo quando uno dei numerosi flaconi ha finito di gocciolare... allora chiamano per nome le infermiere e pretendono la sostituzione del flacone in tempi rapidi, anche se suonano cip cip da diverse parti contemporaneamente.
"Cip cip" l'ho inventato io. "infermiera, è il mio che sta cinguettando..."
Un sorriso, solo un sorriso vero, partecipe.
"Mi mette una flebo di spriz?"
E qualcuno rispondesse: "Io ci metto le olive"

Dare allegria, non è ridicolizzare. Infondere fiducia, non è smentire la previsione a termine.

Adriana

ps. le parole crociate portano a fraintendimenti. Una sembra giusta e poi si rivela incongrua con le altre.

Rimetto le frecce al curaro nella mia faretra da amazzone e mi siedo sotto un albero per capire perché il reparto di Oncologia - nel suo complesso - è così freddo e sbrigativo

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