domenica 5 aprile 2009

Aquilone in sala chemio

Carissimi,
sto riprendendo quota, anche se mi sento un po' come un aquilone che alterna sobbalzi e strattoni a placide navigazioni sul filo del vento. La terapia con Erceptyn di ogni tre settimane è un po' più pesante di quanto sembrasse, per motivi che non vi sto ad elencare. L'ultima seduta l'ho fatta martedì e oggi comincio a risollevarmi, ma ho capito che gli effetti collaterali non mollano del tutto fra un intervallo e l'altro. Ma si capisce perché la nostra capacità di adattamento ha permesso che noi "animali più deboli" abbiamo battuto grandi nemici nella selezione naturale.

SCHIZOFRENIE DEL SISTEMA SANITARIO

Giorni fa ho colto uno "spezzone" alla radio in cui parlava il professorone di un centrone oncologico italiano in cui era stato adibito un locale a biblioteca "con tinte vivaci" perché "il paziente oncologico ha bisogno di qualità di vita, anche quando sta aspettando la terapia". Ecco, all'ospedale dove vado io, non gliene frega niente. Per un attimo mi era guizzato in mente di chiedere se potevo portare un po' dei miei libri da mettere a disposizione sia in sala d'attesa che nella sala-chemio... Ci penserò. Sono sempre così chiusi a riccio nei confronti di chi non si adegua.

MALEDETTI ASCENSORI

Ci risiamo. Erano bloccati i due ascensori per il pubblico, nonché uno sui due per il personale e le barelle. A conoscere l'ubicazione di questi ultimi siamo in pochi, ma sempre a sufficienza per intasare l'unico funzionante. Guadagnata la cabina, sono sbottata in una filippica contro questi ascensori continuamente fuori uso per ore. Ahimé, non avevo notato un tizio in tuta blu: il manutentore. Il quale mi ha ribeccata: "Se io lavorassi quanto questi ascensori sarei già in pensione!". E io ho risposo: "Lei fa il suo lavoro, l'ascensore deve fare il proprio, mica pretendo che mi sbatta le uova negli intervalli". Sguardi di disapprovazione per la bisbetica che ha offeso i lavoratori.

ANCHE LE INFERMIERE HANNO IL SENSO DELL'UMORISMO (?)

Sala chemio sovraffollata: coda per aspettare la miscela di farmaci, coda per farsi mettere l'ago nel port, coda perché si liberi una poltrona.
Un'infermiera: "Che casino oggi". L'altra: "Non lo sai? I carabinieri girano in due, le infermiere in tre".

LOTTA AGLI SPRECHI

Ci sono trattamenti chemioterapici che hanno una loro tabella di marcia. Prima un flacone, dopo l'altro, ecc.
"Infermieraaaa, sono quasi le 15.30 e devo attaccare con l'altro, ma con questo non ho ancora finito". "Non si preoccupi, quello che sta facendo è solo preparatorio all'altro, non occorre farlo fino all'ultima goccia, possiamo cambiarlo anche adesso". "Non è meglio se apre di più il rubinetto? Così lo faccio tutto e non si butta via quello che avanza". Siamo in cucina o in ospedale?

LA SUORA INVADENTE

Vicino a me un esemplare di moglie baffuta, grintosa e incazzata. Tipica moglie di un pescatore chioggiotto. La caduta di capelli è nascosta da un berrettone di lana grigia, calato fino alle sopraciglia cespugliose. Nessuna concessione frivola al resto dell'abbigliamento, se non stivaletti in pelle scamosciata beige con frange all'indiana. Li avrà sottratti alla figlia senza tener conto dei propri polpacci nerboruti? Però mi è simpatica. Scudiscia le infermiere come se avesse in mano un capitone. Una cosa è certa: la tv, che nessuna guarda (sì, tutte donne per l'ccasione) disturbava il torpore di ognuna. Voto: all'unanimità si chiede di spegnere. "Io preferisco sentire la tv che le vostre chiacchiere" si inalbera la chioggiotta. Motivazione inconsistente, visto che nessuno parla. Un po' di quiete, finalmente. Invece no! Prende vita una figura al lato opposto della stanza. La coperta aveva - improvvisamente scostata - identifica dall'abito una suora. Colpa del cambio di flacone? Comunque comincia a cianciare come se si fosse in pubblica confessione. "E tu che hai? Che trapia fai? Dove ti curi? Come ti senti?..." E via alla grande, tanto da spiazzare anche la psicologa volontaria (qualcuno di voi se la ricorderà) che se ne va annunciando: "Ho finito il turno, vado a fare ginnastica". E subito: "Ma che brava, per questo sei così in forma". "Ah no, io sono pigrissima, la ginnastica la faccio agli altri" e se ne va. Né mi viene voglia di indagare, visto che la "forma" non si abbina con qualcosa di aerobico, ma di "mente".
La suora, dopo aver raccolto qualche monosillabo dalle vicine, fa il secondo passo: "E ora invito voi tutte a recitare un' Ave Maria indirizzata alla Madonna Addolorata che tanto si prende cura dei malati".
Io sono trincerata dietro Focus (leggere un libro mi riesce troppo difficoltoso a causa del Valium).
Tutte si uniscono in preghiera, eccetto me. La moglie baffuta del pescatore o prega mentalmente, o sta sacramentando a fior di labbra.
Finita la preghiera, doppio fervorino. Il primo, indirizzato a me, anche se sono ancora con la testa nella rivista. "... perché noi tutte, proprio tutte, possiamo aver bisogno di una piccola preghiera soccorritrice". Amo chi prega per me, così come chi mi invia pensieri pensieri positivi, ma detesto i dogmi, quindi la suora. La quale punta la sua attenzione anche sulla baffuta scontrosa. "E a te cara, che ami tanto la tv, ti consiglio alle 15.30 su Telechiara il rosario quotidiano...". Sìììììì, moglie di pescatore ribellati, tira una bestemmia tornita come i fianchi di uno sgombro e caccia in gola un'esca di fuorco all'impudente! Invece no. Non risponde. Occhi bassi e ingrugnita, accetta la "bacchettata".
Per fortuna, tempo scaduto per la suora. Liberata dal cordone ombelicale della flebo, si congeda conscia del proprio ruolo salvifico.
Commenti a raffica:
"Ma che parla quella? Quando ha pensato per sé, ha pensato per tutti"
"Come si permette di chiedere dei fatti miei?"
"Perché devo pregare? Non poteva evitarmelo questo cancro?"
Gli occhi della moglie del pescatore sono chiusi sotto l'orlo del berrettone. Immagino che se ne infischi. La tv accesa tutto il giorno in casa perché le fa compagnia anche solo col rumore ha sovrastato quello del mare. A lei la rabbia di non capire come va il mondo, a me lo sdegno del perché esista la "venerazione", al di là del contenuto e dell'abito.
Le altre: unite in preghiera senza alcuna convinzione, macerando dentro il risentimento, si adeguano.

Un abbraccio
Adriana

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